Siamo le famiglie che hanno occupato lo stabile di vostra proprietà – l’ex caserma dei carabinieri nei pressi di piazza San Vincenzo – a causa della grave situazione sociale che sta vivendo il nostro Paese e nello specifico la nostra bellissima e martoriata città.
Per vari motivi e per la crisi, molti di noi non hanno un reddito adeguato per poter mantenere una casa dignitosa. La situazione è diventata col tempo sempre più difficile e così abbiamo deciso di fare un atto dettato da un lato dalle nostre difficoltà quotidiane e dall’altro dall’assenza di politiche sociali e abitative che viviamo in questa città. Abbiamo voluto rompere un silenzio che non ci fa più vivere, che ci rende sempre meno visibili e sempre meno persone.
Il palazzo è ormai inutilizzato da circa 7 anni ed è un vero peccato lasciarlo abbandonato mentre ci sono famiglie che dormono in macchina perché non si possono permettere di pagare un affitto o famiglie che si trovano costrette a vivere in alloggi di fortuna molto spesso con tetti in eternit o in situazioni pericolanti. Infatti è da troppi anni che aspettiamo, forse invano, l’assegnazione di un alloggio popolare o affitti abbordabili. Tutto questo in una città che vede moltissimi immobili vuoti ed inutilizzati, sia pubblici che privati, lasciati all’abbandono o sfitti mentre molte persone sono senza casa…eh già, un vero peccato!
Ci chiediamo ogni giorno se questo sistema di cose cambierà, se la politica sarà capace di dare le giuste risposte a molte persone che come noi vivono la crisi, nel frattempo abbiamo deciso che aspettare in agonia per vivere una “non-vita” non sarebbe stato dignitoso per noi e per i nostri figli. Quindi stanchi e stremati abbiamo pensato di conquistare un po’ di normalità perché è questa che cerchiamo. Cerchiamo una vita in cui i diritti fondamentali, come poter mandare i nostri figli a scuola, il diritto di curarci, il diritto a non dover temere una pioggia o peggio ancora un’alluvione, siano possibili. Spronati da questo sentimento, abbiamo compiuto questo gesto per non subire passivamente le ingiustizie sociali che sfregiano da anni le nostre carni. Non è questo il mondo che vogliamo lasciare ai nostri figli. Nei momenti in cui alcuni di noi siamo stati costretti a ripararci nel nostro unico bene, la macchina, i nostri figli hanno avuto difficoltà ad andare a scuola e anche in questo caso abbiamo fatto di tutto per dargli momenti di normalità, quelli che dovrebbero avere tutti i minori e i giovani di questo mondo. Istruirsi e diventare dei futuri medici, operai,avvocati, insegnanti ecc… Diventare i responsabili della società e curarla per non fare mancare niente a nessuno. E’ questo che noi desideriamo.
Troviamo ingiusto che non si recuperino immobili come questo, vuoto e abbandonato o come tantissimi altri in città come scuole, uffici, botteghe che si potrebbero adibire a strutture per l’emergenza abitativa o a case popolari da dare in assegnazione temporanea o definitiva, basta un po’ di impegno per salvare da morte spirituale (talvolta fisica) tanti concittadini. Quale responsabilità ha l’amministrazione comunale in tal senso? Cosa potrebbe fare di concreto per prendersi cura e migliorare i luoghi e le vite di questa città?
Infatti non abbiamo pensato soltanto a noi stessi in quanto vorremmo adibire una parte dell'edificio a strutture sociali per i bisogni del quartiere, come un centro d’ascolto per le famiglie, una ludoteca (già funzionante), un doposcuola per i bambini e quant'altro.
Non sarebbe opportuno che una grande struttura come il “San Leone” diventasse luogo di solidarietà, casa per i meno fortunati e quindi una realtà positiva in un quartiere storico di Messina? Apprendiamo che in questi ultimi anni avete provato a dare un volto diverso a questa struttura con progetti di housing sociale, senza però un riscontro positivo da parte delle Amministrazioni comunali. Allora ci piacerebbe pensare che il momento forse è arrivato: dotiamoci di buona volontà, iniziamo un percorso, un esperimento nuovo e di forte utilità sociale e lavorativa. I governi, tutti, dovrebbero capire che il sud e le isole hanno bisogno di soldi per ricominciare e i soldi ci sono ad esempio in tanti progetti europei, le amministrazioni potrebbero cercare di fare quello che fanno da anni altre città e regioni italiane.
Le vie per uscire da questo tunnel che a Messina purtroppo cresce, ci sono. Noi possiamo diventare con questa esperienza un buon esempio. Ci vogliamo credere insieme a voi e a chi ci sta sostenendo in questa lotta per la sopravvivenza nostra e delle generazioni future.
Seguendo questo dialogo e confronto che abbiamo descritto, non vi è alcun bisogno di chiudere questa esperienza con atti repressivi, che alimenterebbero tensioni, senza cercare strade alternative, strade che puntino prioritariamente alla crescita e alla vera svolta di cui ha bisogno Messina, anziché utilizzare metodi di polizia per sgomberare donne, uomini, bambini ed i propri bisogni vitali.
Iniziamo questo percorso. Un inizio in cui voi possiate vedere anche le nostre facce e il nostro desiderio di ricominciare. I nostri sogni sono stati interrotti da lettere di licenziamento per la crisi che morde sempre di più Messina. Pertanto chiediamo a voi e a questa amministrazione di incontrarci per avviare un percorso che possa essere innovativo non soltanto per noi, ma per tutta la città di Messina.