La tregua dopo la conferenza stampa di venerdì mattina è durata poco. L’Atm, finita sotto la lente di MessinAccomuna, replica immediatamente alle contestazioni sulla liquidazione.
A firmare la lunga nota di risposta è il presidente dei liquidatori Pietro Picciolo. Parla di “parole gettate per creare ulteriore confusione”. E rispedisce al mittente ogni attacco.
«Si tirano in ballo ancora mistificazioni e situazione che non rispondono alla realtà. Si legge che qualche membro della commissione (Pietro Picciolo) nei mesi precedenti ha dato dati “ballerini”. Ma nessun dato fino ad ora è stato pubblicato se non i dati esposti nella relazione che il 29 luglio è stata depositata in Commissione Bilancio e che nei giorni scorsi è stata presentata in Procura. Nella relazione, solo per chiarezza di esposizione sono stati riportati fedelmente tutti i dati esposti nel bilancio dell’azienda al 31 dicembre 2018.
Solo per chiarezza la commissione di liquidazione ha il compito di redigere un piano di liquidazione da sottoporre all’approvazione del consiglio comunale ai sensi dell’art. 50 dello statuto sociale. Questo è il lavoro che questa commissione sta svolgendo. Cioè verificare tutta la consistenza dei crediti e dei debiti, predisporre l’inventario dei beni, valutare gli stessi beni ed una volta chiarito questo aspetto redigere il piano e depositarlo per la successiva approvazione
Ci sono aspetti semplicemente descritti, quando invece l’importanza degli atti definiti e compiuti o degli atti omessi hanno portato una azienda che dovrebbe viaggiare su regimi di equilibrio finanziario e patrimoniale ad una azienda in continuo deficit finanziario e patrimoniale. Mai l’azienda negli anni successivi al 2012 ha avuto una gestione caratteristica che dimostrasse come l’attività dell’azienda fosse in crescita. E se lo era certamente non bastava a coprire l’enorme massa di debiti accumulati alla data del 31/12/2012 tra perdite degli anni precedenti e debiti correnti. Questo lo dicono i numeri con aumenti dei debiti tributari e previdenziali di circa il 600% tra il 2013 ed il 2017: non si pagavano contributi e ritenute dei dipendenti.
A suffragio di quanto detto, ricordo a tutti che l’azienda ha aderito alla rottamazione dei ruoli fino al 31/12/2017 e fino al mese di luglio 2019 ha garantito il pagamento delle rate pur in mancanza di un aiuto finanziario da parte del socio in attesa del piano di riequilibrio; sul mancato pagamento dei contributi previdenziali dei dipendenti chiarisco che non si versavano anche quelli a carico degli stessi dipendenti che l’azienda trattiene in busta e che produce in caso di mancato pagamento un reato. Ad ogni scadenza delle rate in azienda si presenta la Guardia di finanza per conoscere se abbiamo rispettato il pagamento perchè in caso di mancato versamento verrebbe meno la sospensione e gli amministratori che hanno omesso di pagare i contributi verrebbero condannati penalmente. Non raccontiamo frottole e non creiamo castelli in aria.
Certamente la colpa non è da addebitare esclusivamente agli amministratori o commissari dell’azienda ma a tutta una mancanza di atti che sono stati omessi nell’iter di approvazione degli stessi e quindi responsabilità che riguardano sia gli amministratore della società e gli organi competenti al controllo analogo del Comune nei confronti della partecipata. Allorquando gli Enti Locali scelgono di gestire “servizi pubblici” (o anche “strumentali”) attraverso lo strumento societario, poiché nel capitale sociale di Organismi esterni affluiscono mezzi finanziari (o patrimoniali) di natura pubblica, particolari doveri e precauzioni incombono nei confronti delle Amministrazioni conferenti. Un principio immanente nell’ordinamento, ricorrente, da rispettare è quello per cui l’attività sociale non deve generare delle perdite che distruggano la ricchezza inizialmente investita, perseguendo la “efficienza gestionale”. Pertanto, la “scelta di ricorrere a Organismi strumentali o Società partecipate sottintende un presupposto di fondo, il conseguimento di un equilibrio di bilancio, che non arrechi danno economico al patrimonio conferito dall’Ente pubblico socio”.
Il principio del “divieto di soccorso finanziario” di Organismi a partecipazione pubblica, affermatosi nel corso del tempo da parte della Corte dei conti, è espressione sintetica del vincolo di finanza pubblica fissato in origine dall’art. 6, comma 19, del Dl. n. 78/2010.
Questo è quello che scrive la Corte dei Conti in una delle relazioni annuali sulla situazione dell’azienda “ …… cosi scrive l’azienda Atm – l’azione di risanamento della gestione caratteristica evidenzia una positiva inversione di tendenza e che dal 1° gennaio 2017 la società, come anticipato, chiuderà e confluirà nel soggetto multiservizi. Riferisce altresì che è in corso l’acquisizione del parere contabile per approvare i documenti di bilancio delle società, fermi al 2001. La Sezione, pur prendendo atto delle strategie di risanamento adottati dall’ente e degli atti fondamentali recentemente esitati dalla Giunta comunale nell’esercizio del potere di iniziativa nei confronti dell’organo consiliare non può in questa sede fornirne valutazioni di attendibilità e sostenibilità, sia per il carattere generale e programmatorio delle stesse, sia per la riserva di tali valutazioni in capo ai competenti organi dell’ente, che ancora peraltro devono definitivamente pronunciarsi.
D’altra parte, al di là delle azioni di risanamento valide per il futuro, la Sezione non può non esprimere, con riferimento alla situazione attuale, serie preoccupazioni sulle pesanti ricadute che le crisi gestionali ed i debiti cumulati nel tempo indubbiamente determinano sulle casse comunali, tanto da essere confluite all’interno del Piano di riequilibrio finanziario cui le deduzioni dell’ente fanno più volte riferimento. Sotto tale profilo, deve ribadirsi come sia essenziale, preliminarmente, pervenire a un quadro chiaro, certo e definitivo del riallineamento delle partite contabili tra Comune e partecipate: l’ente, invece, si scontra ancora con uno stato di opacità risalente e, per gli irrisolti problemi di incertezza o contestazione, rimette la soluzione ad atti transattivi ancora in itinere, subordinati al piano di riequilibrio e finanziati con lo stesso……”.
Quindi certamente era obbligatorio garantire la ricchezza inizialmente investita dal socio Comune, situazione che non è mai stata affrontata e mai sono stati posti in essere atti che ne garantissero la consistenza.
Al di là della eventuale correttezza o meno dei dati numerici in relazione alle fantasiose teorie contabili di chi ha tenuto in vita l’Azienda, vi è un aspetto importante e fondamentale ovvero la gestione della mancata approvazione degli atti contabili. In un Ente pubblico la mancata approvazione di Bilanci determina la nomina di un Commissario ad acta con il compito di comprendere i motivi di tale condizioni ed eventualmente approvarne il contenuto.
In una società privata la mancata approvazione di un Bilancio da parte del Socio presuppone la restituzione all’organo di governo per sanare le motivazioni legate alla mancata approvazione, il cui reiterarsi comporta la naturale fase di liquidazione della stessa. Una società come un Ente pubblico senza Bilancio non può svolgere la propria attività.
In questo contesto cosa è successo in Atm ? Semplicemente nulla. La mancata approvazione o, addirittura in alcuni casi, la mancata discussione dei documenti contabili in seno al Consiglio Comunale non ha comportato alcun tipo di effetto. Nulla è stato fatto e nessuna azione è stata intrapresa.
ATM Azienda Speciale è legata alle disposizione civilistiche in materia di contabilità e fiscalità, se ne desume che la mancata approvazione dei suoi Bilanci avrebbe dovuto produrre una ed una sola conseguenza ovvero la sua messa in liquidazione.
MessinAccomuna, dietro la quale si nascondono attori che hanno contribuito alla distruzione della azienda, parla ancora del piano di riequilibrio del 2013 nel quale si stanziava per ATM oltre 32 milioni di euro, dando copertura alle perdite storiche non garantite dal capitale social. Ma omettono di dire che alla stessa data in bilancio oltre ad un valore negativo patrimoniale i debiti erano € 44.607.591 ed i crediti € 15.010.425. Alla data del 31/12/2018 i debiti sono € 68.005.359 ed i crediti 36.525.834.
Sempre per chiarezza espositiva e per delucidare l’argomento relativo alla causa vinta nei confronti della Regione, è molto importante evidenziare che la lite attiva che l’azienda ha intrapreso nei confronti della Regione ha prodotto il riconoscimento di un credito di € 5.430.486,72 per le differenze del contributo dovuto per i Km BUS dal 2012 al 2016, oltre la parte di contributo che la Regione deve al Comune di Messina e che dovrebbe essere destinata come da contratto di servizio all’azienda per un importo pari ad € 4.364.027 per un totale di € 9.794.513,72; non si capisce da dove si tira fuori il valore di 11 milioni di euro indicato da questa sedicente associazione. Ad oggi si ribadisce come la Regione Sicilia abbia opposto appello alla sentenza di primo grado e siamo in attesa di conoscere l’esito dell’eventuale sospensione della provvisorio esecutività della sentenza, per cui, ben che vada comunque non prima di un anno queste somme potranno essere incassate, ed in caso di sospensione l’azienda dovrà aspettare l’esito del ricorso.
Stranamente pero non si tirano in ballo e non si tirano fuori tutti i contenzioni tributari nei confronti dell’Agenzia delle Entrate per gli anni dal 2007 al 2012 e per un ammontare di circa 25 milioni di euro oltre interessi.
Non ci sono scelte politiche illogiche in questo percorso. Si tratta di un adempimento necessario votato dal consiglio comunale con coscienza e nel rispetto degli interessi della collettività».