Ossimoro messinese: “prigioniero” in una spiaggia libera

La mia città non ha nulla di bello salvo che la location, certo non per – colpa- sua. Povera Messina appena cento anni fa il terremoto l’ha rasa al suolo, allora le costruzioni non erano –antisismiche- e dunque giù case, chiese e monumenti che erano stati costruiti dopo che era stata devastata da un altro terremoto nel 1783.
Tutto nuovo, intorno agli anni ’20 ancora si ricostruiva, una nuova Messina che nel suo impianto ricorda New York (Manhattan), strade squadrate e parallele divise blocchi chiamati isolati, andate a Forte Cavalli (costruito a fine ‘800 per avvistare le navi che entravano nello stretto) e ve ne accorgerete, poi la città si è estesa ai villaggi limitrofi.
Messina non ha entroterra, localizzata com’è in una stretta fascia costiera tra i monti Peloritani e il mare, e in questo è paragonabile a Istanbul, tanto che due secoli fa era chiamata il Bosforo d’Italia.
Messina si affaccia su tre meravigliosi mari, quello dell’omonimo Stretto, e i mari Jonio e Tirreno. Noi messinesi siamo fortunati perché non solo la città si sviluppa di fronte a un meraviglioso porto naturale dragato dalle correnti e circoscritto da una lingua di terra a forma di falce, ma lo siamo anche per il clima ventoso, certo lo scirocco è fastidioso, ma il maestrale attenua il caldo e abbassa la temperatura percepita e infine abbiamo chilometri di spiagge che potrebbero essere una meraviglia. E con tutte queste meraviglie chi non vorrebbe vivere qui? Ma purtroppo questa è la Messina del mito, di Scilla e Cariddi, delle spadare, della rassegna internazionale del cinema che faceva concorrenza al festival di Venezia, dei teatri, dell’Università retta da Salvatore Pugliatti, del ritrovo Irrera, qualcuno ricorda la canzone: In fondo al viale? Si lo ammetto forse avrà anche ragione Proust o forse no, ma oggi lo squallore imperversa, e in questo Messina è in linea con il resto del paese. Non voglio polemizzare sulle nostre precarie condizioni economiche, sul disinteresse della classe politica di destra e di sinistra che l’ha ridotta così, ma solo raccontare un episodio che è insieme ridicolo e tragico, quello di un cittadino che trovandosi a Mortelle sul mar Tirreno, località che si trova appena superati i laghetti di Ganzirri, altro spettacolo naturale, e la punta di capo Faro, il cittadino dicevo, vuole scendere nel tratto di spiaggia -libera- che separa il Lido dei Carabinieri dal Lido Giardino delle Palme e trovandone chiuso l’accesso, decide comunque di raggiungere la “spiaggia libera” passando dal Lido delle Palme. All’entrata del Lido gli chiedono il pagamento del biglietto di ingresso, dicendo che viene corrisposto da tutti coloro che si recano nella spiaggia –libera-.
Il povero messinese si rifiuta di pagare e replica che lo farà solo ai vigili urbani se necessario. Quando poi all’imbrunire, decide di ritornare a casa, trova i proprietari (o gestori non è dato di sapere perché non si qualificano)che glielo proibiscono e gli chiudono in faccia la porta di accesso al Lido. Rimane sulla spiaggia due ore, per fortuna con il cellulare in funzione cosa che gli permette di chiamare nell’ordine: vigili urbani, capitaneria di porto e carabinieri spiegando l’accaduto. Finalmente alle 20,30 arriva una Volante della stazione Calispera e grazie ai suoi buoni uffici, alle 21 viene liberato e può tornare a casa!

LAURA PULEJO