Con l’arrivo della primavera e delle belle giornate assolate e luminose, lungo lo Stretto di Messina si può tornare ad assistere al meraviglioso spettacolo della “migrazione di primavera”. In questo periodo dell’anno lo Stretto di Messina diventa uno dei luoghi più famosi del mondo per le grandi migrazioni primaverili, soprattutto dei rapaci, che usano questo stretto braccio di mare per arrivare sulla penisola, lasciandosi dietro il Mediterraneo. Questi uccelli, stremati dal lungo viaggio che li porta ad attraversare i paesi dell’Africa sub-sahariana e il deserto del Sahara (il più grande ed esteso del pianeta), raggiungono l’area dello Stretto di Messina per effettuare nel modo più rapido possibile la traversata che li porterà sul continente europeo, lasciandosi alle spalle il deserto più grande del mondo e il Mediterraneo.
A differenza di quanto accade sul Bosforo o a Gibilterra, lo Stretto di Messina è uno dei posti dove è più facile imparare a riconoscere i rapaci; questo non è solo dovuto all’elevato numero di specie che si possono vedere, ma soprattutto perchè è tra i pochi luoghi di transito dove si vedono i rapaci a distanza ravvicinata. Un po’ per le caratteristiche del territorio, un po’ per i venti, di norma gli stormi passano a media-corta distanza, ma se è la giornata adatta allora si è letteralmente in mezzo agli stormi. La check-list dell’area conta un totale di tutto rispetto di più di 260 specie, alcune delle quali davvero rarissime per l’Europa, come il Pellicano bianco (sino a 4 ind. assieme), la Pavoncella gregaria o Chettusia gregaria, la Monachella dorsonero, il Culbianco isabellino, l’Uccello delle tempeste codaforcuta, l’Orchetto marino, la Pulcinella di mare, il Cuculo dal ciuffo, l’Usignolo d’Africa, Pigliamosche pettirosso e molti altri ancora. Fare una lista di tutte le specie osservabili è davvero un compito molto arduo.
Ma perché questo braccio di mare è così importante per la migrazione?
Proprio lungo lo Stretto di Messina questi uccelli, sfruttando le correnti ascensionali che quotidianamente si formano fra l’Aspromonte e i Peloritani, trovano le condizioni meteorologiche favorevoli che li accompagnano durante la migrazione verso i luoghi di svernamento sull‘Europa centro-settentrionale e area balcanica. Difatti, grazie a queste correnti ascendenti, loro possono risalire molto rapidamente l’area dello Stretto di Messina, passando dalle coste messinesi a quelle reggine nel più breve tempo possibile. Le termiche più forti si formano in prossimità delle vallate dei Peloritani nelle ore centrali del giorno quando l’aria ben surriscaldata nel fondovalle diventa leggera e tende a salire verso l’alto, raggiungendo i crinali e le creste montuose, al di sopra degli 800-1000 metri. La presenza di queste forti correnti ascensionali viene evidenziata dallo sviluppo di nuvole cumuliformi, poggiate con le loro basi sulle cime dei Peloritani. Gran parte degli avvistamenti di falchi e aquile avvengono proprio nelle ore pomeridiane in prossimità delle principali vallate, nel momento in cui si formano le famose “termiche”.
Molti di questi rapaci, ma non solo rapaci, una volta inseriti all’interno delle forti correnti “termiche” si alzano gradualmente fino a raggiungere altezze considerevoli, arrivando oltre i 1000-1200 metri (sopra le creste peloritane), per poi scivolare in “picchiata” sopra lo Stretto, in direzione delle coste calabresi. Il vento e le correnti ascensionali di natura termica sono molto importanti anche per stabilire quali siano le migliori località o punti di osservazione durante i transiti. Il vento migliore per fare osservazioni è quello da nord o nord-ovest, il maestrale o la tramontana, soprattutto quando soffiano in maniera debole. Col vento dai quadranti settentrionali si privilegiano posti come Portella di Castanea, Salice, Monte Ciccia, Puntale Chiarino e Monte Antennamare (Dinnammare per i messinesi), delle vere e proprie terrazze naturali. In queste condizioni i rapaci possono effettuare la traversata volando con stormi ben organizzati ad altezze considerevoli, anche sopra i 1000 metri, per questo si privilegiano punti di osservazione a quote alte, sulle principali vette dei monti Peloritani, quando il tempo è buono e soffiano venti deboli.
Con lo scirocco e con le correnti meridionali (ostro o libeccio), malgrado la componente favorevole che li accompagna da Sud a Nord per la risalita dello Stretto, le migrazioni si osservano solo nei primi giorni a quote molto basse visto che il sostenuto vento da Sud che si incanala nella parte nord dello Stretto (per effetto “Venturi”) impedisce a questi grandi uccelli di spiccare il volo a grandi altezze. Con i venti dai quadranti meridionali si fanno osservazioni da Castanea, Santa Rosalia e lungo la costa da Ganzirri a Torre Faro. I venti umidi da Sud infatti obbligano i rapaci a volare molto bassi, anche a pochi metri sopra la superficie del mare. Quando i venti sciroccali raggiungono una notevole intensità, come capita spesso in primavera, con raffiche ad oltre i 70-80 km/h, il transito diminuisce sensibilmente fino ad annullarsi quasi del tutto. Di solito, quando dall’Algeria o dalla Tunisia si avvicina una perturbazione, si assiste a un aumento dei transiti prima di un temporaneo arresto, in coincidenza con l’arrivo degli impetuosi venti meridionali. In questo caso gli uccelli sono costretti a trovare un rifugio sicuro, aspettando il passaggio della burrasca.