Servirail, nodo occupazione e mobilità. Si parla di mobilitazione generale ma si rimane “spaccati”

Che la vertenza Servirail non riguardi solo il fronte occupazionale, ma tiri in ballo anche la mancata garanzia di un diritto alla mobilità territoriale, lo abbiamo ribadito in più occasioni. E lo fanno ancora una volta anche le organizzazioni sindacali, Cgil Uil e OrSa che muovono forti critiche verso l’incapacità di intervento delle istituzioni locali ma anche nazionali. I sindacati ricordano come nel corso degli ultimi tre anni il governo centrale non solo abbia ridotto da 250 a 100 milioni – con un taglio pari al 60% – le risorse trasferite dallo Stato a Fs, ma come allo stesso tempo abbia dato precise indicazioni per potenziare la rete ferroviaria al nord e non nel Mezzogiorno. “Nonostante i nostri allarmi e le proteste, – sottolineano – la politica e soprattutto i vertici delle nostre istituzioni hanno fatto quasi nulla per difendere il nostro territorio e quindi il lavoro accontentandosi delle parole e delle promesse di Matteoli che i fatti oggi smentiscono. E anche oggi il loro intervento appare poco più che una mera attestazione di solidarietà mentre oggi sia i lavoratori che il territorio hanno bisogno di una presa di posizione forte e eclatante”.

I sindacati spingono dunque verso una mobilitazione generale, (nelle scorse settimane individuata nel 21 gennaio la data della possibile manifestazione, giorno su cui però al momento non c’è alcuna conferma): “Un’azione – sottolineano – improntata alla lungimiranza e alla solidarietà e non protagonismi e inspiegabili battaglie solitarie, per ottenere dal Governo nazionale che Fs ripristini i treni, garanzie sulla continuità territoriale, un adeguato investimento per il potenziamento della rete ferroviaria e il riassorbimento dei lavoratori licenziati”. Dichiarazioni assolutamente da condividere, salvo poi essere in parte “sconfessate” dal fatto di voler sottolineare che questa linea è diversa da quella seguita da altre sigle sindacali, nello specifico la Cisl. Un bisogno, quello di evidenziare la differente posizioni o meglio le diverse modalità di protesta, che pur se comprensibile (ma non sempre) rispetto a determinate logiche, appare del tutto privo di senso se si considera che il problema è unico e solo: la dismissione del trasporto ferrato nello stretto e, in conseguenza, il nodo occupazionale. Posizione questa, la nostra, già ampiamente espressa nell’articolo che troverete in basso.

Considerazioni a parte, per Cgil, Uil e OrSa, la vertenza complessiva non può che chiedere un “Tavolo nazionale dove ottenere dal Governo un impegno concreto, finora a parole ripetutamente promesso, a favore dello sviluppo e della ripresa del Mezzogiorno che non può che passare attraverso il potenziamento della nostra rete ferroviaria e infrastrutturale”.