REGGIO CALABRIA – Niente da fare: i tempi, in politica, sono tutto.
E così, oggi pomeriggio, l’arrivo della nota stampa in cui i capigruppo di tutto il centrodestra tranne la Lega fanno marcia indietro sulla modifica della legge anti-‘ndrangheta che scopriva il fianco alle ludopatie, più che di una coraggiosa presa di posizione ha il sapore amarostico di un certificato.
Un’attestazione, sì.
Perché i passi “veri”, quelli coraggiosi, li avevano già compiuti la Conferenza episcopale calabra, bollando la riforma in itinere con parole durissime e senz’appello, in cui senza troppi giri di parole accusavano il centrodestra alla Regione di voler consegnare centinaia di giovanissimi alle ludopatie e, indirettamente, d’agevolare senza alcun dubbio le ‘ndrine, peraltro consegnando agli amministratori locali un fardello gravosissimo di decisioni da prendere localmente, evidentemente esponendosi alle relative possibili ritorsioni.
Un altro passo assolutamente decisivo l’aveva compiuto il capogruppo e neoparlamentare della Lega Simona Loizzo, disconoscendo la proposta di legge e facendo sapere senza mezzi termini che non avrebbe certo avuto il suo supporto. A seguire, l’impacciata nota diffusa dal presidente del Consiglio regionale e collega di Carroccio: Filippo Mancuso rendeva noto che l’intento era dire “basta” alle proroghe, mentre «stiamo valutando in queste ore se sia il caso o meno di lasciare ai sindaci l’individuazione degli orari d’apertura e chiusura delle sale», aveva abbozzato.
Ma – pur senza dirlo esplicitamente – è chiaro che già l’intervento di Mancuso aveva il mesto sapore della resa.
Adesso, in una nota congiunta che si tenta di far passare come “di rottura” – davvero non si capisce rispetto a cosa, francamente… -, i capigruppo delle altre forze del centrodestra Giuseppe Graziano (Udc), Francesco De Nisi (Coraggio Italia), Giuseppe Neri (Fratelli d’Italia), Giacomo Pietro Crinò (Forza Azzurri), Giovanni Arruzzolo (Forza Italia), partendo dalla sostanziale deregolamentazione della legge anti-‘ndrangheta del 2018 e dalla conseguenziale necessità d‘aggiornarla, creando «una misura normativa massimamente condivisa» ammettono d’aver «verificato con grande spirito di collaborazione che le modifiche proposte dalla maggioranza alla Legge regionale 9/2018 non hanno attecchito nell’humus sociale e politico calabrese». Affermando – loro, i proponenti – di condividere «timori e perplessità» esternati fra gli altri dai vescovi della Cec.
Perciò, fanno sapere – senza destare grandi sorprese – d’aver «deciso di ritirare le nostre firme» dalla proposta di modifica.
E giova a poco ribadire a ogni piè sospinto che la proposta è «dell’intera maggioranza consiliare» e presentato «per prassi» da tutti i capigruppo del centrodestra, nel tentativo d’allontanare da sé la responsabilità politica di quello che, finora, è il più grave “scivolone” politico dell’intera legislatura, decisamente più grave perfino del tentativo d’introdurre la figura del “consigliere supplente”.
Più utile, molto più utile sarebbe a questo punto che chi ha partorito l’idea di questo malnato articolato uscisse allo scoperto e se ne assumesse la responsabilità politica.
Ricordano, Graziano & C., come già Crinò in relazione tratteggiasse l’articolato come «un compromesso tra esigenze delle aziende e tutela dei cittadini». E ci può stare.
Ma il capitombolo è completo con l’ammissione – ineludibile, ormai – che, come vari corpi sociali andavano dicendo da tempo e come il centrosinistra ha gridato con forza anche nel corso di un’accorata conferenza stampa, adesso sarà il momento d’«intraprendere un serio e particolareggiato approfondimento sull’argomento, magari coinvolgendo in maniera più incisiva tutti gli attori».
Resta il fatto che anche un politico ai primi passi sa perfettamente che la concertazione, il coinvolgimento, le audizioni pro-attive, specie su argomenti così delicati, sono tassativamente effettuati prima di proporre un testo di legge, a maggior ragione per l’esame dell’Aula. Non dopo…
Metaforicamente con la coda fra le gambe, i capigruppo di centrodestra annunciano comunque di «rimettersi alle decisioni che scaturiranno dalla riunione di maggioranza convocata dal presidente Filippo Mancuso per lunedì prossimo prima dell’inizio dei lavori del Consiglio regionale».