«Rispetto il pensiero del Pubblico Ministero, ho fiducia nella giustizia e sono assolutamente sereno delle azioni che ho compiuto. Dimissioni? Perché dovrei. Ho svolto il mio lavoro e voglio continuare a farlo, l’amministrazione farà quel che vorrà». Poche parole ma chiarissime quelle di Leonardo Termini dopo diverse ore faccia a faccia con l’esecutivo di Palazzo Zanca. L’incontro è iniziato in tarda mattinata e solo alle 15 Termini ha messo piede fuori dalla stanza del sindaco. Un confronto lungo e serrato, con l’intera giunta al completo. C’era Accorinti e c’erano tutti gli assessori. Clima tesissimo e un braccio di ferro per quello che rischia di diventare l’ennesimo caso politico all’interno della compagine accorintiana.
Termini si è presentato con carte e documenti per chiarire i contorni della vicenda giudiziaria che lo vede accusato di truffa in concorso. I fatti risalgono a diversi anni fa, tra il 2006 e il 2011, ovviamente però questo non poteva non creare fortissimi imbarazzi e malumori all’interno di una giunta che si è sempre professata come portatrice assoluta di legalità e che ha fatto dell’onestà il suo più alto vessillo.
Termini si è dichiarato sereno, ma al momento la situazione è tutt’altro che tranquilla, anche perché a breve dovranno arrivare delle decisioni. Gli assessori e il sindaco sono rimasti riuniti per l’intero pomeriggio, unica pausa per il funerale del piccolo Rosario Costa.
«A cosa servono i tribunali se di fronte ad una vicenda di questo tipo dovrei dimettermi, quale sarebbe il motivo per cui dovrei farlo. Non farò nessun passo indietro» ha dichiarato Termini, convinto di restare in sella al suo posto di presidente dell’Amam anche di fronte ad una eventuale richiesta di dimissioni da parte del sindaco. Un’ipotesi di cui ovviamente si è discusso, senza però ancora arrivare ad una decisione definitiva.
Adesso gli scenari potrebbero essere diversi. Se Termini non si dimetterà, come sembra essere intenzionato a fare, il sindaco potrebbe revocare la sua nomina ma senza la “giusta causa” che ne motiva la scelta c’è il rischio di un nuovo bel contenzioso per il Comune. Ci sarebbe anche una seconda possibilità: se si dimettessero gli altri due membri del Cda automaticamente decadrebbe tutto il consiglio di amministrazione, compreso il presidente. Il sindaco potrebbe chiedere agli altri due membri di fare questo passo. Ma al momento tutto resta nel campo delle ipotesi. Almeno fino a quando assessori e primo cittadino non usciranno dalle stanze di Palazzo Zanca con le idee chiare.
Francesca Stornante