Era l’8 aprile 1990, trentadue anni fa, e a Barcellona era scomparso il 23enne Sebastiano Rizzotti. Uno dei tanti casi di “Lupara bianca”, secondo la Direzione Distrettuale Antimafia, che si erano registrati tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 nella fascia tirrenica della provincia di Messina per la “guerra” tra i “barcellonesi” e i “chiofaliani”.
L’analisi degli atti dell’originario fascicolo processuale e gli accertamenti fatti dopo le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia avrebbero “permesso di appurare che il ragazzo sarebbe stato ucciso, e il suo cadavere nascosto”. Era incensurato ma, secondo quanto sostenuto dai collaboratori di giustizia Massimiliano Caliri e Carmelo D’Amico, “sospettato di essere vicino al contrapposto gruppo dei “chiofaliani” e resosi responsabile di un furto ai danni di una ditta del luogo “protetta” dai “barcellonesi” in quanto sottoposta ad estorsione”.
“Gravi indizi di colpevolezza” ricadono su Domenico Abbate e Renzo Messina, all’epoca rispettivamente 20 e 19 anni e oggi 52 e 51 anni, che si sarebbero occupati “di avvicinare la vittima conducendola con un pretesto presso la frazione Gala del Comune di Barcellona ove ad attenderli vi erano i vertici dell’organizzazione mafiosa che, dopo un sommario interrogatorio, ne avrebbero decretato l’uccisione”.
Da qui l’ordinanza di misura cautelare in carcere, emessa dalla giudice del Tribunale di Messina, Tiziana Leanza, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Stamattina, a Barcellona, i due sono stati arrestati dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Messina.