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Ma davvero l’inseminazione delle nuvole può mettere fine alla siccità in Sicilia?

Per combattere la grave siccità che sta colpendo la Sicilia qualcuno pensa di poter risolvere il problema attraverso il “cloud seeding”: l’inseminazione artificiale delle nubi per produrre la pioggia. Questa tecnica negli ultimi 70 anni è stata sperimentata da una decina di Paesi, fra cui anche l’Italia, con una breve campagna negli anni 80, per tentare di mettere fine ad una grave siccità che mise in ginocchio la Puglia.

Visti i mancati obiettivi e gli altissimi costi la gran parte di questi Paesi abbandonò i progetti. Oggi ci sono Paesi, su tutti la Cina e gli Emirati Arabi Uniti, che stanno portando avanti questa tecnica, anche se i risultati di queste sperimentazioni non sono state mai pubblicate su una rivista scientifica.

Come nasce questa tecnica?

Negli anni 60 del Novecento il chimico americano autodidatta Vicent Joseph Schaefer, con il prezioso aiuto dello scienziato Bernard Volnnegut, concepirono il metodo di semina delle nuvole, il famoso cloud seeding.

Durante una serie di esperimenti in laboratorio capirono che immettendo del ghiaccio secco, una sostanza nota anche come neve carbonica (CO2 allo stato solido, che si raggiunge sotto i -78,5ºC), era possibile ricreare una nuvola.

In breve tempo appariva una nuvola dall’aspetto lattiginoso, formata da una miriade di cristalli di ghiaccio. Poche settimane dopo, il suo assistente Vonnegut scoprì che lo ioduro d’argento (un sale con una struttura cristallina molto simile a quella del ghiaccio comune) era anche un efficace elemento nucleante.

I primi successi della tecnica del cloud seeding arrivarono con le prove in laboratorio. Poi si iniziò a fare sul serio, con i primi test in atmosfera, attraverso l’utilizzo di piccoli aerei, in grado di volare a quote non particolarmente elevate, fra le nubi.

I primi dubbi dei meteorologi sull’efficacia della tecnica

L’entusiasmo iniziale, però, fu frenato dai meteorologi americani che hanno messo in dubbio i meriti del metodo, poiché mancavano le prove evidenti di una efficacia diretta.

Difatti, per capire se il metodo del cloud seeding fosse realmente efficace, bisognava avere lo stesso tipo di nuvole, senza disperdere lo ioduro d’argento, per capire se anche senza l’inseminazione artificiale queste erano in grado di produrre pioggia.

Nonostante lo sforzo profuso, nel tentativo di dimostrare che l’inseminazione delle nubi effettuata nelle diverse campagne aveva alterato il comportamento atmosferico in diverse regioni degli Stati Uniti, l’analisi dettagliata delle registrazioni meteorologiche non ha certificato un tale fatto.

Questo perché le nuvole sono il frutto di complessi processi dinamici che avvengono nell’atmosfera, in continuo cambiamento, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto. E solo in determinate circostanti, favorevoli, la tecnica dell’inseminazione delle nuvole ha funzionato.

Ci sono ancora limitazioni tecniche per sapere in quale area di un ambiente nuvoloso e a che ora la semina può essere completata con successo. Insomma, senza l’aiutino dell’atmosfera, questa tecnica è improduttiva.

I passi in avanti fatti oggi

Oggi, con i nuovi metodi di sperimentazione, si sono fatti notevolissimi progressi nelle tecniche di semina delle nuvole, ma la capacità di modificarle a piacimento e alterare le condizioni meteorologiche rimane molto limitata. Attualmente solo la Cina e gli Emirati Arabi Uniti stanno continuando ad investire sulla tecnica del cloud seeding. Ma i risultati, soprattutto per quel che concerne l’analisi costi benefici, sono tutt’altro che incoraggianti.

Insomma, per vedere la fine di questa siccità si può solo aspettare l’arrivo delle piovose perturbazioni autunnali e invernali, sperando di non assistere all’ennesima stagione avara di piogge e nevicate sui monti.