E' di una sola condanna e l'assoluzione di tutti gli altri imputati con formula piena "per non aver commesso il fatto" la sentenza emessa oggi pomeriggio dai giudici della II sezione Penale (presidente Samperi), alla fine dell'ultimo troncone ancora da definire del maxi processo Peloritana Ter, a sua volta il terzo filone della maxi inchiesta che ha ricostruito la geografia dei clan cittadini e la faida scoppiata tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90.
In particolare in questo caso si trattava del filone legato alle estorsioni portate avanti dai componenti del clan capeggiato da Luigi Sparacio, ossia l'ex boss che, pentendosi all'inizio degli anni '90, ha permesso di fermare la guerra tra le famiglie e arrestare tutti i vertici dei vari rioni, nell'operazione battezzata appunto Peloritana.
Oggi la Corte ha deciso la condanna di Lorenzo Farinella a 8 anni e mezzo di reclusione, in continuazione con precedenti condanne divenute definitive. Per Farinella, cioè, aumenta la pena che dovrà complessivamente scontare. Assolti per non aver commesso il fatto, invece, Antonino Genovese, Pasquale Erba, Daniele Freni, Marcellino Freni, Giuseppe Pellegrino, Francesco Puleo e Bruno Gentile. Il Pubblico Ministero aveva chiesto pesanti condanne per tutti.
Le accuse sembrano però non aver retto al lungo dibattimento, che ha passato al vaglio le dichiarazioni dei molti collaboratori di giustizia, personaggi di spicco del clan passati alla collaborazione dopo il pentimento del loro capo, che hanno raccontato i retroscena di un decennio di estorsioni. I loro racconti, però, erano già stati in gran parte dichiarati non supportati o smentiti in altri processi, arrivati a sentenza definitiva. Gli stessi imputati sono già stati condannati negli altri tronconi processuali.
Hanno difeso gli avvocati Alessandro Billè, Salvatore Silvestro, Massimo Marchese, Tancredi Traclò, Alessandro Puglisi, Carlo Autru Riolo, Nino Favazzo, Rosario Scarfò.
La Peloritana ha rappresentato il primo grande maxi processo di mafia a Messina, ed ha raccontato il malaffare in particolare gestito dal clan di Luigi Sparacio. "Gino", oltre ad aver preso parte a numerosi omicidi, durante il periodo della faida, era molto attivo nel campo del riciclaggio del denaro provento di usura.
Proprio il saper "diversificare" il reinvestimento del denaro, anche attraverso il mercato immobiliare, era stato uno degli elementi caratterizzanti della criminalità mafiosa messinese. Gli investigatori e gli inquirenti della Procura Nazionale Antimafia, che allora avevano magistrati applicati a Messina, hanno spesso sottolineato questa capacità "innovativa" della mafia messinese, tra le prime ad infiltrarsi nel tessuto economico, dando vita a quella zona grigia dove il capitale accumulato con estorsioni, prestiti a strozzo e rapine si confonde con la finanza "pulita".
Alessandra Serio