Erano ricercati dall’ottobre 2008 e su di loro gravavano diverse condanne definitive all’ergastolo per associazione di stampo mafioso, omicidi, estorsioni, rapine e altro.
Calogero e Vincenzino Mignacca, personaggi di spicco della famiglia mafiosa dei tortoriciani e considerati tra i 30 latitanti più pericolosi d’Italia, hanno vissuto 5 anni di latitanza selvaggia, spostandosi da un covo all’altro, sempre aiutati e sostenuti da fiancheggiatori.
Era una fitta rete di rapporti, la loro, che coinvolgeva soggetti provenienti da diverse località, Tortorici, Randazzo, Lentini. Una zona che gli allevatori nebroidei, come erano i Mignacca, conoscono bene. E' qui infatti che conducono i pascoli.
Da tempo i carabinieri tenevano d’occhio questi personaggi, solo in attesa di un segnale concreto.
Le indagini andavano avanti da otto mesi, ininterrotte, fatte di intercettazioni, appostamenti, pedinamenti e controlli che non si erano limitati solo alla zona siciliana e di Lentini, ma che avevano coinvolto anche la Calabria e aree estere.
Dieci giorni fa, la svolta ed il riconoscimento della voce di Calogero Mignacca in una conversazione intercettata.
Poche parole quelle captate attraverso una cimice piazzata su una Caddy blu utilizzata dai fiancheggiatori, che hanno permesso agli agenti di localizzare il casolare in cui lui e il fratello Vincenzino si nascondevano.
Situato in una zona rurale di Lentini, il covo era privo di tutto: niente elettricità e niente bagni, motivo per cui i due fratelli uscivano spesso all’esterno.
Il via ufficiale al blitz è giunto ieri mattina.
I carabinieri dei reparti operativi di Messina, Catania e Siracusa, coordinati dalla Dda di Messina, ed il personale del Gis di Livorno hanno dapprima circondato il covo, intimando più volte agli occupanti di uscire, e poi hanno sfondato la porta facendo esplodere dei flash bang come diversivi.
Calogero e Vincenzino hanno tentato di tutto pur di non cadere nelle mani della giustizia.
Al momento dell’irruzione, nell’abitazione si sentiva una fortepuzza di gas, elemento che ha fatto temere ai militari che i due volessero far esplodere l'intero locale. Non è escluso però che più semplicemente i due avessero da poco acceso il cucinino.
Calogero è stato immediatamente immobilizzato, aveva addosso una pistola calibro 22 ma non ha neanche cercato di utilizzarla.
Vincenzino, invece, è stato trovato morto nell'altra stanza: si è sparato alle tempie un colpo di pistola calibro 7,65.
Ha preferito suicidarsi, lui che già da tempo soffriva di una grave malattia, probabilmente un tumore.
All’interno del casolare sono state difatti ritrovate diverse medicine, oltre a pizzini, un giubbetto antiproiettili, un pc portatile ed un vero e proprio arsenale: due pistole, un fucile a pompa, un Kalashinikov, una mitragliatrice, due doppiette. Tutte le armi erano cariche e pronte all'uso.
All’esterno, invece, è stata ritrovata la Volkswagen Caddy rubata nel 2011 in provincia di Catania.
L’operazione è poi proseguita durante tutta la nottata ed ha portato al fermo di altre sei persone, considerati i vivandieri dei due latitanti. Provvedevano a tutto, cibo, latte, medicinali, bevande e ogni altra necessità. Lavoravano nell’ombra, proteggendo e nascondendo i due mafiosi, accompagnandoli negli spostamenti e sorvegliando l’area per cercare eventuali sospetti.
Si tratta di Sebastiano Galati Sansone del ’76, Giuseppe Galati Sansone del ’61, Oscar Galati Sansone del ’85, ex carabiniere, Salvatore La Fornara del ’54, Carmelo Contempo Ventre del 73, Sebastiano Tilenni Scaglione del ’86, genero del boss dei tortoriciani Cesare Bontempo Scavo.
A questi si aggiunge l’arresto, eseguito immediatamente prima del blitz, del 31enne Giuseppe Caniglia, figlio del proprietario del casolare.
Spartano il covo dei Mignacca: non c'era bagno, non c'era acqua corrente. Riscaldato grazie a quell'unica bombola di gas che serviva anche per accendere il fornelletto da campo. Fuori gli armenti, capre e mucche, e una fontana. Il lentinese Caniglia è stato catturato proprio nei dintorni dell'abitazione, mentre cercava di allontanarsi.
Nella zona di Lentini nel 2003 era stato catturato Cesare Bontempo Scavo, il capo del clan di Tortorici all'interno del quale gravitavano i Mignacca. Un anno e mezzo fa, sempre nella stessa zona, è stata anche interrotta la latitanza di un altro pericoloso killer oricense d'origine, Gianfranco Conti Taguali, al servizio anche del cal Catanese Ercolano-Santapaola.
Ecco perché in questi 5 anni d latitanza gli investigatori hanno sempre tenuto sott'occhio la zona di Lentini, dove probabilmente i Mignacca erano già stati e dove sono certamente tornati, di recente. Ma li hanno anche cercati e "mancati" per pochissimo a Randazzo, Castell'Umberto, nel cuore del parco dei Nebrodi e in Romania.
“Siamo pienamente soddisfatti di quella che definiamo un’operazione da manuale – ha commentato il comandante provinciale dei Carabinieri di Catania, Alessandro Casarsa – neanche uno sparo è stato esploso. Quel che vogliamo sottolineare è che si è trattato di un lavoro di squadra intenso, ben coordinato e che ha coinvolto i Comandi Provinciali di Messina, Catania e Siracusa. Quella dei fratelli Mignacca è stata una latitanza selvaggia, allo stato brado a cui ieri è stata posta la fine”.
Veronica Crocitti
@VCrocitti