Nuovo giro di vite al patrimonio di Giuseppe “Pino” Lo Re, ritenuto dagli investigatori legato alla famiglia dei mistrettesi. La Dia di Catania, ai comandi di Renato Panvino, ha portato a confisca beni e conti correnti stimati in oltre un milione e mezzo di euro complessivi.
Sotto chiave in via definitiva sono finiti: 3 aziende- due imprese operanti nel settore della commercializzazione delle autovetture e una associazione nell’ambito dei “night club” – tutte intestate al proposto, a suoi prestanome ed ai componenti del suo nucleo familiare; 5 immobili a Caronia, 1 rapporto finanziario, 5 autovetture. Per l’imprenditore di Caronia è stata inoltre confermata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale per quattro anni con obbligo di soggiorno nel comune di residenza; Disposta infine la messa in liquidazione dalla società “Autoservice s.r.l.”. Secondo la Direzione distrettuale antimafia – in particolare i sostituti Vito Di Giorgio e Angelo Cavallo – Lo Re ha accumulato il proprio patrimonio per i stretti rapporti con Sebastiano Rampulla, deceduto nel 2010, già rappresentante provinciale di “cosa nostra” per la provincia di Messina. Quest’ultimo era fratello di Maria e di Pietro, anch’essi soggetti di elevato spessore criminale; in particolare, Pietro è stato condannato all’ergastolo poiché ritenuto “l'artificiere” della strage di Capaci, per averne confezionato sia l’ordigno che il telecomando utilizzati nell’attentato. Sebastiano e Maria Rampulla, con provvedimenti del Tribunale di Catania, emessi nell’anno 2007 e 2008, sono stati già spossessati del loro patrimonio personale, in quanto risultato essere sproporzionato alle loro entrate ufficiali.
I suoi rapporti con la mafia sono stati raccontati anche dai pentiti Santo Lenzo di Brolo e Melo Bisognano dei barcellonesi. L’imprenditore è stato coinvolto, con diversi risvolti successivi, nelle inchieste Mare Nostrum, San Lorenzo e Barbarossa, Charter, Icaro e Montagna e, nel 2012, nell’operazione Dolce Vita, nell’ambito della quale è stato colpito da misura custodiale in carcere, unitamente ad altri 13 soggetti, tra i quali è stato ritenuto il promotore di un associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione.
Il sequestro nasce inoltre da una sperequazione tra i redditi dichiarati e il patrimonio effettivamente posseduto. A firmare il provvedimento è stato il Tribunale di Messina, sezione Misure di Prevenzione (dott. Genovese)
Alessandra Serio