Regge in secondo grado la storica sentenza contro il clan di Mazzarrà Sant’Andrea, alla sbarra al processo Vivaio sul business discariche, appalti sui lavori e smaltimento del “pastazzo”, lo scarto di lavorazione degli agrumi. In primo grado nel 2012 la sentenza aveva stabilito 16 condanne per quasi 130 anni di carcere e un ergastolo, e subito dopo erano scattati gli arresti per due colletti bianchi ritenuti collusi ai clan, proprio mentre altrove, in Italia, la Corte di Cassazione infliggeva un duro colpo alla condanna al carcere per gli imputati di concorso esterno alla mafia. Quella confermata stasera dalla Corte d’appello di Messina è stata nei fatti la prima grossa condanna ad un maxi processo per ecomafia in Sicilia.
Nel dettaglio il verdetto di stasera: Confermato l’ergastolo per Aldo Nicola Munafò, il mazzarroto braccio destro del boss Tindaro Calabrese, al quale sono stati inflitti 16 anni, accusato di aver ucciso Antonino Rottino, il camionista eliminato nell’estate nel 2006 nella guerra tra Calabrese e il boss storico, oggi pentito, Carmelo Bisognano. Sconto di pena per “Melitto”, 7 anni e mezzo anziché 10. Aveva fatto scalpore, in primo grado, la dura condanna per il collaboratore, al quale i giudici non avevano riconosciuto attenuanti, come all’altro pentito, l’acese trapiantato a Barcellona Alfio Giuseppe Castro: sconto di pena anche per lui, 8 anni e mezzo di reclusione. Confermati 2 anni per Bartolo Bottaro, l’ex direttore delle Pectine industrie che è stato anche assessore all’ambiente di Pace del Mela. Ancora, 8 anni e 8 mesi ad Agostino Campiso, 8 anni per Salvatore Campanino; 2 anni per Aurelio Giamboi. Sconto di pena anche per il professore Sebastiano Giambò, ex presidente di TirrenoAmbiente. La condanna per lui scende da 14 a 8 anni. Otto anni anche per l’altro “concorrente esterno”, l’imprenditore Michele Rotella detto “Il barone”. Due anni la condanna per Thomas Sciotto, l’autista dei mezzi in discarica che smaltiva illecitamente il pastazzo; 8 anni per Nunziato Siracusa, 9 anni per Carmelo Salvatore Trifirò, 2 anni per Giuseppe Triolo. Assolto infine Cristian Giamboi.
Confermati anche i risarcimenti alle parti civili costituite: i Comuni di Barcellona Pozzo di Gotto, Mazzarrà Sant’Andrea, Furnari e TermeVigliatore, la Federazione antiracket italiana, l’Associazione antiracket e antiusura Confcommercio “Ugo Alfino”, l’Associazione antiracket etnea, Legambiente, Edil Scavi Spa, Mediterranea Costruzioni Srl. A ognuno sono stati liquidati 5mila euro relativi alle spese di costituzione in giudizio.
Il blitz dei carabinieri scattò nell’aprile del 2008 con 15 arresti. Le indagini invece presero il via proprio con l’omicidio di Antonino Rottino.
Al centro dell’indagine la vita del clan di Mazzarrà e i principali affari dal 2003 in poi: il business rifiuti, con lo smaltimento e le assunzioni alle società che gestivano le discariche di Mazzarrà e Tripi, TirrenoAmbiente e l’Ato comprensoriale, lo smaltimento illecito del pastazzo, cioè lo scarto della lavorazione degli agrumi, le estorsioni alle imprese edili titolari di importati commesse pubbliche: le gallerie autostradali e ferroviarie, ad esempio, passando per la faida interna al gruppo, nata dal contrasto tra la famiglia di Bisognano, negli anni in cui il boss era in carcere, e il reggente Tindaro Calabrese, ansioso di emergere, forte dell’alleanza col reggente dei barcellonesi, Carmelo D’Amico, e i contatti con i palermitani, in particolare con i Lo Piccolo. Faida culminata nell’omicidio di Rottino. Agli atti dell’inchiesta anche un interessante capitolo sulla capacità del clan di pilotare le amministrative dei comuni locali, in particolare le elezioni amministrative di Furnari, comune poi sciolto dal Governo nel 2010 proprio per infiltrazioni mafiose.
Il caso vuole, a proposito di discariche, che proprio domani al Comune di Messina si apriranno le buste per la gara della realizzazione dell’impianto a Pace. Gara alla quale partecipa anche una impresa collegata a TirrenoAmbiente, che gestisce ancora oggi il sito di Mazzarrà Sant’Andrea.