Era stato considerato un fatto epocale nella storia della mafia barcellonese. Per la prima volta dei pentiti avevano sgretolato il muro di omertà che regnava attorno ai loschi affari dei “Mazzarroti” la sanguinaria cosca della famiglia di Barcellona. Erano stati loro, l’ex padrino Carmelo Bisognano ed il suo uomo di fiducia Santo Gullo, a saltare il fosso raccontando agli investigatori anni ed anni di potere mafioso. Hanno rotto i silenzi, la paura e l’omertà ed hanno fatto nomi di mandanti ed esecutori di decine di omicidi, indicato i cimiteri della mafia di Mazzarrà S.Andrea e Basicò, svelato casi di estorsioni, intimidazioni, attentati. Migliaia di pagine di verbali sofciati nel luglio scorso nelle operazioni antimafia Gotha e Pozzo 2. Ora i sostituti della DDA di Messina, Giuseppe Verzera, Fabio D’Anna, Angelo Cavallo e Vito Di Giorgio hanno chiesto il rinvio a giudizio dei tre collaboratori di giustizia: l’ex padrino boss dei “Mazzarroti” Carmelo Bisognano, a Santo Gullo e ad Alfio Giuseppe Castro di Acireale, vicino al clan Santapaola, incaricato di tenere i contatti con i barcellonesi. Devono rispondere di associazione mafiosa perché inseriti nell’organizzazione denominata Cosa Nostra di Barcellona.
Bisognano e Gullo hanno anche raccontato degli omicidi commessi ed ordinati e dei tanti casi di persone scomparse nel nulla.
A Santo Gullo la DDA contesta l’omicidio di Antonino Ballarino ucciso nel 1993 a Mazzarrà S.Andrea; Carmelo Bisognano si è autoaccusato dell’uccisione di Sebastiano Lupica, assassinato a Tripi nel 1994 e sempre Gullo deve rispondere delle esecuzioni di Carmelo Triscari Barberi, ucciso nel gennaio del 1996 a Basicò e Santo Munafò freddato nel giugno del 1997 ancora a Basicò. I corpi furono fatti sparire e per molti anni non se ne seppe più nulla. Solo a partire dal dicembre del 2010 Bisognano e Gullo ha iniziato a parlare dei cimiteri della mafia e sono riaffiorati i resti di alcune vittime. Ma, oltre degli omicidi, i pentiti hanno parlato anche delle estorsioni. Bisognano deve rispondere dell’estorsione commessa ai danni del titolare della ditta “Gas spa” che lavorava a Terme Vigilatore fra il 2000 ed il 2001. Secondo lo stesso pentito in almeno due occasioni il boss si sarebbe fatto consegnare circa 100 milioni di lire dopo aver minacciato ritorsioni ed attentati. Nei giorni scorsi i sostituti della DDA avevano chiesto il rinvio a giudizio, nell’ambito delle operazioni Gotha e Pozzo 2, per capi, affiliati e fiancheggiatori di Cosa Nostra barcellonese. Trentuno le persone indagate