Undici condanne e 5 prescrizioni sono state richieste dal PM Fabio D’Anna nel processo in Tribunale sulle infiltrazioni mafiose a Messinambiente.
Queste le principali richieste di condanna: 5 anni di reclusione per associazione mafiosa per i boss Puccio Gatto, Carmelo Ventura e Giacomo Spartà, tre anni e messo per Raimondo Messina e Gaetano Nostro, 4 anni per Tommaso Palmeri. Tre anni per l’ingegnere Tonino Conti, allora amministratore delegato della società, Maurizio Ignazio Salvaggio e Francesco Gulino, rispettivamente braccio destro e ex presidente di Confindustria Enna nonché presidente di Altecoen, due anni e mezzo per Gaetano Munnia e per Sergio La Cava, allora presidente della società; sono tutti accusati di concorso esterno. La prescrizione è stata richiesta dal pm D’Anna per l’allora funzionario Antonino Miloro, Filippo Marguccio, l’ingegner Benedetto Alberti, Giovanni e Gaetano Fornaia.
Al termine della requisitoria il presidente Samperi ha aggiornato l’udienza a fine maggio. Dopo le repliche dei difensori i giudici entreranno in camera di consiglio per la sentenza.
L’inchiesta era stata avviata dalla DIA di Messina ed affidata al sostituto della Dda, Ezio Arcadi. Gli investigatori scavarono a fondo sulla società Altecoen che aveva fatto il suo ingresso in Messinambiente. Furono approfonditi gli aspetti amministrativi ma anche i rapporti fra società e dipendenti e l’attività principale della società cioè lo smaltimento e spazzamento dei rifiuti.
In breve tempo venne fuori che tra i dipendenti della società figuravano molti pregiudicati affiliati a clan messinesi ai quali veniva garantito un certo numero di posti.
Secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche i dirigenti della società sapevano di questo sistema di spartizione dei posti di lavoro ed addirittura avevano sfruttato la forza intimidatrice dei clan per fare pressione sul mondo della politica quando si è reso necessario per salvaguardare gli interessi della società.
In alcuni casi, ad esempio, accadde che veniva creata una sorta di emergenza rifiuti per far esplodere il caso ed instillare nell’opinione pubblica l’idea che l’azione della società era indispensabile.