MESSINA – “Mamma aiutami, un uomo mi ha molestato sull’autobus. Sono sceso per sfuggirli ma lui è sceso alla mia stessa fermata e mi segue”. E’ questa la drammatica richiesta di aiuto che la madre di un adolescente messinese ha ricevuto un pomeriggio del novembre 2022.
La denuncia della donna ha portato al processo per il molestatore, un uomo di 58 anni che oggi è stato condannato a 4 anni dalla Corte d’Appello di Messina (presidente Sagone). Il primo grado l’uomo, difeso dall’avvocato Giuseppe Bonavita, era stato condannato a 6 anni di reclusione ma ieri il Collegio ha “corretto” il verdetto, condannandolo per violenza su minore ma riconoscendo una violenza “di minore entità”. La famiglia era parte civile con l’avvocato Fortunato Strangi.
Il legale della famiglia ha ricostruito in aula l’incubo che l’oggi 58enne era diventato per il ragazzo, vicino di casa. Il giovane lo aveva incontrato in autobus. L’uomo gli si era seduto accanto e lo aveva palpeggiato alla coscia, raccontandogli di essere stato detenuto in carcere per un periodo e di aver subito lì a sua volta molestie. Il ragazzo si era scansato ma l’uomo si era fatto insistente, palpeggiandogli le parti intime. Spaventato, l’adolescente era sceso alla prima fermata disponibile, accorgendosi però che il molestatore era sceso dal bus alla stessa fermata e lo stava seguendo. Da lì la telefonata che ha permesso alla madre di raggiungerlo e metterlo in sicurezza. Il ragazzo ha a quel punto svelato che non era la prima volta che il vicino di casa aveva provato ad avvicinarlo.
La madre, vedendo il figlio sotto choc, non ci ha pensato un attimo ed è corsa dai Carabinieri a raccontare tutto. Lo stesso pomeriggio è tornata in caserma raccontando che poco prima lei e il marito avevano notato per caso il presunto molestatore alla fermata dell’autobus di zona, si erano fermati a discutere e ne era nata una lite. La stessa sera l’uomo che aveva molestato il ragazzo era stato poi ricoverato per essersi fatto del male.
L’episodio del tentato suicidio ha indotto il difensore durante il processo di primo grado a chiedere l’infermità mentale per il 58enne, che i consulenti del giudice hanno però escluso, dopo una attenta perizia. Da qui la severa condanna di primo grado, confermata in appello se pur con un lieve “sconto” di pena.