Ho ascoltato la rabbia e le lacrime di alcuni operatori dei servizi sociali. Davanti ad un caffè, un giovedì pomeriggio di gennaio, mi hanno raccontato di 20 anni di sacrifici e impegno finiti in umiliazioni, stipendi con mesi di ritardo, ore ridotte, incarichi che non corrispondono alla professionalità e competenza acquisita. Ho visto piangere un’operatrice, un paio di mattine fa, perché gli anziani preferiscono gli uomini per essere accuditi e così si è vista scavalcare, dopo 20 anni di sacrifici ed impegni, da un operatore. Ho letto denunce trasmesse all’Anac ed in Procura, presentate dalla Uil, e che sono l’immediata conseguenza di bandi al limite della decenza, cioè operatori non in regola con i contratti, Tfr e stipendi non pagati e il sistema della riduzione degli orari di lavoro deciso a tavolino senza chiedere agli interessati se erano d’accordo. Ho visto nascere una guerra feroce tra operatori in esubero e operatori in organico, tra chi è dentro e chi è fuori. Ho letto gli articoli di Francesca Stornante, ormai a cadenza periodica, che sottolineano l’indecenza di bandi vinti da cooperative con il 100% di ribasso sulle spese comprimibili.
E alla fine mi sono detta: ma perché nessuno fa niente?
E’ mai possibile che non c’è nessuno, nessuna istituzione preposta, un’entità sovrannaturale che possa garantire almeno un po’ di giustizia sociale? O siamo diventati una comunità di non vedenti, non udenti e soprattutto non-capenti?
Quando qualcuno racconta a noi cronisti storie di vessazioni e soprusi, quando qualcuno denuncia fatti e misfatti del settore, non possiamo far altro che riempire il vaso di Pandora con tutte le sofferenze e le lacrime di un sistema malato che nessuno vuole curare. Possiamo scrivere, ma non spetta alla stampa cambiare le cose. Fa rabbia leggere gli articoli della Stornante e quelli dei colleghi e vedere che nonostante le denunce non cambia niente. Me lo chiedo e rivolgo la domanda all’amministrazione, ai magistrati, all’Anac e all’ispettorato del lavoro: è normale vincere una gara con il 100% di ribasso sapendo benissimo che questo 100% non graverà sulle spese ipocritamente definite “comprimibili” ma sarà pagato dai lavoratori e dagli utenti??? Non stiamo parlando di bandi per la cura dei giardini pubblici per i quali se, tutto sommato, un cespuglio non viene potato ce ne faremo una ragione. No,stiamo parlando di TRASPORTO DISABILI, di ASSISTENZA DOMICILIARE. Stiamo parlando dei messinesi più deboli. Che quel 100% gravi non sulle spese “superflue” ma su stipendi e servizi lo si evince rileggendo la denuncia che Laura Strano ha presentato all’Anac. A non rispettare le regole sono proprio quelle coop, come Progetto Vita, che avendo vinto il bando con il 100% di ribasso o con ribassi da paura devono recuperare, stringendo fino all’osso e comprimendo fino al limite due diritti: quello dei lavoratori ad un’occupazione decorosa e quello degli utenti ad un servizio dignitoso. Quando aggiudichi una gara ad una coop che ha presentato il 100% di ribasso non lo sai che è un’ipocrisia? Non lo sai già come andrà a finire? Non lo sai che è come quando gli antichi romani facevano entrare nell’arena del Colosseo leoni e cristiani e tutti battevano le mani? E quando t’inventi la riduzione degli orari non lo sai che è l’immediata e diretta conseguenza di questi bandi? Dapprima mi ero stupita della gara vinta da Progetto Vita, ribasso al 100% (voglio fare una precisazione, la normativa lo prevede ma il legislatore non pensava di aprire le porte ad una realtà da terzo mondo) per il trasporto disabili. Ma, visto che a Messina si può fare di tutto sulla pelle dei più deboli, il ribasso al 100% è diventato una moda. Ecco che la Genesi ha vinto con il 100% di ribasso il bando per l’assistenza domiciliare agli anziani nella zona nord (300 anziani e 33 famiglie multiproblematiche, da assistere con 45 operatori). La cosa più assurda è che anche altre 4 partecipanti alla gara hanno presentato ribassi al 100%. Quattro coop su sei hanno deciso di fare una gara al ribassissimo, all’infimo praticamente. La prossima frontiera sarà quella del 130%. Non basta, perché la Genesi si è aggiudicata sempre col 100% il bando della 328 per il servizio trasporto disabili agli istituti. Ha vinto una gara per 3 anni e per coprire, non oso immaginare come, il servizio in 14 comuni… Se fossi un dirigente, un amministratore, esigerei che il trasporto dei miei fratelli e sorelle e figli disabili fosse affidato alle mani più sicure e amorevoli. Se vinco una gara per le briciole da qualche parte dovrò recuperare e non sarà sugli stipendi dei dirigenti della cooperativa. Tra pochi mesi vedremo in strada a protestare famiglie di bambini disabili e operatori. Come è già accaduto alla Provincia.
Il guaio è che da troppo tempo i bandi di gara non vengono fatti PER i destinatari del servizio, ma su misura per dare “occupazione” e far vincere la coop. L’ultimo dei pensieri è il bambino disabile, l’anziano di Casa Serena o il centro sociale. Non ha importanza se prima facevi segretariato sociale o l’animatrice, ora devi fare la cuoca anche se non hai idea di come si frigge un uovo. Se poi servono tre infermieri ma ne risulta uno solo non importa, gli utenti si adegueranno. E’ il pubblico che si sottomette al privato. Si fanno i bandi per fare lavorare le cooperative e non per dare il servizio. E non voglio aprire il capitolo clientelismo e il binomio coop-politica altrimenti mi arrabbio. Perché è evidente come il sole di agosto che far finta di non vedere e lasciare continuare questo andazzo non è semplice ipocrisia ma “complicità”. Il silenzio è una colpa ed è responsabilità.
C’ è da chiedersi, ma perché nessuno interviene? L’amministrazione ha l’obbligo di vigilare. In 20 anni mai fatto. Inoltre non è stata effettuata alcuna rotazione negli uffici tra i dirigenti, anche questa prevista dalla normativa sulla trasparenza. I bandi hanno un articolo che prevede la rescissione automatica in caso di mancato pagamento degli stipendi per due mesi. Norma mai applicata. Spetta al Comune vigilare. Mai fatto. Spetta alla giunta far ruotare i dirigenti, per rispetto non solo della normativa, ma del buon senso. Se per 20 anni hai mano le sorti di migliaia di utenti e lavoratori, prima o poi cedi al delirio dell’onnipotenza o a tentazioni analoghe. Ma forse in questi due anni l’assessore Mantineo era impegnato a preparare la rivoluzione dei servizi sociali e gli Stati Generali per poter iniziare da questi dettagli. Convocare gli Stati Generali dopo due anni dall’elezione e nel frattempo agire in totale continuità di azioni con il passato fa riflettere. Probabilmente l’Assemblea Onu ha tempi più rapidi, ma forse mi sto sbagliando e da questi Stati Generali uscirà la ricetta magica per rivoluzionare, magari tra altri due anni, il sistema. O le macerie che resteranno.
Quel che oggi mi assilla è una domanda, e non riguarda il senso degli Stati Generali ma è molto più terra terra: è possibile che nessuno intervenga?
Il Comune che fa? L’ispettorato del lavoro che fa?Esiste qualcuno che vigila? Un angelo custode degli ultimi? Se in questi anni ho visto più lacrime che sorrisi vuol dire che un intero sistema ha fallito e quindi, qualche domanda se la devono fare TUTTI, nessuno escluso, anche chi avrebbe dovuto fare qualche denuncia in più e dire qualche sì in meno, anche chi, magari avrebbe potuto fare qualche battaglia in più non solo contro l’amministrazione ma contro le coop malate. Altrimenti si rischia la sindrome di Stoccolma, e gli aguzzini si ritengono impuniti e onnipotenti. Ci sono decine di famiglie che sopravvivono con stipendi da fame e perennemente in ritardo, centinaia di operatori che non sanno se il loro Tfr è una barzelletta o un fatto reale, se sono stati realmente versati i contributi o meno. Centinaia di lavoratori costretti a vedere spezzettarsi l’orario di lavoro ma non le bollette da pagare, padri di famiglia umiliati da una mansione che non è quella fatta per 20 anni. E lo fanno, perché hanno figli da far crescere anche a costo della dignità personale. Allora forse qualcosa non ha funzionato, forse si doveva battere qualche pugno in più, e fare qualche guerra per le tessere sindacali in meno. Non so cosa si poteva fare, il mio mestiere è scrivere, raccontare. A quelle signore che i colleghi chiamano “le ragazzine” e che dopo 20 anni di lavoro vedono sbriciolarsi diritti e certezze, alle quali nessuno ha chiesto se volevano dimezzarsi le ore, che si sono viste demansionate e umiliate, ecco,a quelle signore non posso dare risposte. Scrivo, ma anche questo scrivere non ha un senso, perché s’indignano tutti quando leggono, ma poi, spento il computer o il cellulare, non c’è nessuno che scoperchi il vaso di Pandora. Così, giusto per vedere, tra le lacrime, quante porcherie e magari anche reati sono stati commessi.
Rosaria Brancato