Nel 1908, quando Messina si svegliò sotto le macerie contando migliaia di morti e feriti, il punto di raccolta ed il primo presidio di soccorso fu individuato proprio là dove oggi sorge l’ospedale Piemonte. Lì la Messina sgomenta che era sopravvissuta trovò la forza per ricominciare. Paradossalmente, oltre un secolo dopo, quel luogo che segnò il “nuovo cuore” della città, diventa un ospedale da chiudere, e quel che è peggio con dichiarazioni che non rendono onore né alla struttura ed al personale che ci lavora, né alla storia, né alla cronaca quotidiana, né tantomeno alla politica che sta dietro chi quelle parole le ha pronunciate. Quella stessa politica che sin dagli anni ’80 ha deciso di smantellare il nosocomio con motivazioni a dir poco fantasiose. Invece noi qualche parola la vogliamo dire e ci chiediamo come sia stato possibile che il direttore dell’azienda Papardo-Piemonte Michele Vullo, abbia potuto proferire parole pesanti come macigni nei confronti di parti della sua stessa azienda senza che nessuno dei big della politica (tranne il deputato nazionale Udc Gianpiero D’Alia) abbia alzato un dito.
Dietro l’accorpamento dei punti nascita dal Papardo al Piemonte c’è una doppia mistificazione: da un lato far passare il trasloco di medici e infermieri da un ospedale ad un altro come primo passo di un polo materno infantile che non nascerà MAI, dall’altro, fatto ancora più grave, nascondere il principale obiettivo che si vuol portare a termine, ovvero la chiusura dell’ospedale Piemonte.
Le dichiarazioni di Vullo a proposito del pronto soccorso del Piemonte fanno pensare che o esegue una strategia politica dettata in altre sedi, o non conosce la sua stessa azienda, oppure ha deciso di sua iniziativa di chiudere il nosocomio.
Con un candore che ha lasciato tutti attoniti, nella seduta aperta, davanti ai consiglieri, ai deputati ed alla stampa Vullo, nell’annunciare le motivazioni che lo hanno portato a chiudere il punto nascita del Papardo per spostarlo nel viale Europa ha poi aggiunto: “ Del resto il Pronto soccorso del Piemonte è pericoloso”, facendo passare il presidio indispensabile per l’intero centro città come un ospedale da campo sotto i bombardamenti e scordando che la Protezione civile ha indicato quella struttura come “presidio d’emergenza”. Secondo il direttore dell’azienda Papardo-Piemonte dunque, una parte della struttura che lui stesso dirige è “dannosa per la vita umana”, quindi io penso di andare al Pronto soccorso per salvarmi, invece se ho la sfortuna di finire al Piemonte, le mie speranze si riducono al lumicino….. in barba al fatto che quasi 40 mila accessi nel 2013 vorranno pur dire qualcosa in termini di funzionalità ed efficienza.
Ma vi è di più. Secondo Vullo infatti il pericolo dipende dal fatto che il nosocomio non garantisce l’angioplastica e non ha una struttura di neurochirurgia e che quindi nell’attesa tra la diagnosi e l’intervento il paziente rischia di morire. Nei confronti di queste dichiarazioni ci sono due obiezioni: oltre il 90% degli ospedali non ha la neurologia ma non per questo gli si chiude il pronto soccorso. Anche il Papardo non ha la neurologia, eppure il direttore generale non pensa che vi sia lì un pronto soccorso a rischio. Seconda obiezione: i dati sui flussi EMUR, quelli che indicano il tempo tra la diagnosi e l’intervento e che nei casi di infarto del miocardio devono rientrare nei 120 minuti, al Piemonte risultano ottimali previsti dalle linee guida internazionali.
Quindi intanto tranquillizziamo i messinesi che qualora avessero un infarto e l’ambulanza li dovesse portare al Piemonte non è il caso di dirottare il mezzo altrove perché lì saranno al sicuro, nonostante i timori di Vullo. A scanso di equivoci anche i dati Emur del Papardo sono ottimali, ed infine al Policlinico ci sono tutti i reparti richiesti. Del resto non esistono dati relativi a contenziosi sui ritardi per i trattamenti di angioplastica da parte di utenti del Piemonte.
Le dichiarazioni del direttore generale oltre a non essere suffragate dai dati ed a fare indignare medici ed infermieri, hanno terrorizzato gli utenti, creando una sorta di “panico sociale”. Se infatti un direttore generale, quindi il “capo dell’azienda” dice che c’è una parte di azienda a rischio vita chi si fiderà mai a farsi visitare anche solo per un mal di testa?
Ma Vullo è andato oltre, scatenando le ire di tutti. A suo dire infatti l’utenza del Piemonte fa parte di un ceto sociale basso, del cosiddetto “popolino”, sarebbe insomma di “bassa lega”, a differenza, riteniamo, dei pazienti del Policlinico o del Papardo che sono tutti imparentati con i Reali d’Inghilterra o con gli Agnelli. Proprio perché ceto sociale basso, secondo lui, sono più a rischio perché non possono permettersi la sanità privata e quindi “devono accontentarsi” del Piemonte e se l’angioplastica non funziona non si rivolgono ai legali ed ecco spiegato il perché dell’assenza di contenzioso rilevante nei confronti del nosocomio.
Un tale trattato di sociologia sanitaria applicata non si era mai sentito.
Ci sono poi altre riflessioni da fare. Oltre ai flussi Emur, oltre al fatto che per la Protezione civile è il Piemonte il presidio d’emergenza (e proprio per questo negli anni scorsi sono stati spesi fior di soldoni per ristrutturare i padiglioni), anche i DRG di Chirurgia, Ortopedia ed Ostetricia-ginecologia del Piemonte che da gennaio sono stati 592 (nonostante la metà dei posti letto rispetto al Papardo), mentre nella struttura della zona nord sono 502. Quanto al trasloco del punto nascita dal Papardo al Piemonte non si capisce a quale logica risponda visto che lascia totalmente scoperta la zona nord e dei villaggi. L’aspetto bizzarro è che tutto è nato quando è stato fatto notare che il punto di nascita del Piemonte aveva difficoltà di personale in vista delle ferie e sarebbe semplicemente bastato coprire il vuoto.
Invece si è colta la palla al balzo per dare il via ad un’operazione che era fallita negli anni scorsi, anche per via della mobilitazione di tutti e che stavolta invece sta vedendo troppi silenzi complici.
Alle proteste sui dati del pronto soccorso Vullo ha risposto istituendo una Commissione formata con nomine di sua scelta, fatto questo che ha provocato le reazioni di Cisl e Uil. “ Purtroppo, essendosi la S.V. espressa in maniera fortemente negativa nei confronti del Pronto Soccorso del P.O. Piemonte- scrivono Cisl e Uil riferendosi al direttore generale- le scriventi Organizzazioni Sindacali ritengono che la predetta Commissione debba essere integrata da Dirigenti Medici esperti del settore, afferenti le nostre Organizzazioni Sindacali, ciò al fine che il parere espresso dalla predetta Commissione possa essere completamente neutrale da interessi di parte a tutela della dignità dei lavoratori fortemente messa in discussione dalla S.V. e dei cittadini utenti”.
Il rischio di una Commissione troppo “su misura” potrebbe gravare sulla neutralità degli esiti. Nel frattempo il presidente del Comitato Piemonte, Marcello Minasi presenterà in Procura una dettagliata denuncia su quanto accaduto: “Ritorna ancora una volta il mai abbandonato progetto del “sistema” politico locale e regionale di eliminare l’ Ospedale Piemonte che si cercò di attuare a partire dal 1980. Finora non è stato realizzato solo per la decisa opposizione delle organizzazioni di base (Tribunale dei diritti del malato, Comitato spontaneo), dell’ opinione pubblica, e di qualche forza politica più avvertita e disinteressata e di qualche sindacato. Veda la S. V. se nell’ uso spregiudicato della discrezionalità amministrativa e politica possano nascondersi finalità incompatibili con il bene pubblico e lesioni gravi di diritti e interessi collettivi, primo tra tutti la salute”.
Il cuore del problema sta tutto nell’ultima frase, nei confini della “discrezionalità amministrativa e politica”. Ma è chiaro che, anche se i confini fossero illimitati la Politica può e deve fare qualcosa, pretendendo dell’assessore Borsellino risposte leali e immediate.
Eppure questa Politica finora non si è mossa adeguatamente. Il sindaco si è limitato ad una lettera alla Borsellino da far sottoscrivere alla deputazione (una firma in fondo non si nega a nessuno). In Consiglio comunale Antonella Russo, Pd, si è battuta e continua a farlo, ma non può restare sola, perché le risposte devono arrivare dalla Borsellino e da Lumia (che non cito a caso, perché se i manager arrivano sulla poltrona è perché qualcuno ce li mette) e quindi a muoversi deve essere il livello “superiore” della Politica. D’Alia si è messo in moto e chiederà la rimozione di Vullo. Messina non può permettersi che le decisioni vengano prese altrove senza tenere in considerazione la volontà dei cittadini.
Intanto oggi alle 18 manifestazione di protesta a Ganzirri.
Rosaria Brancato