Alcuni giorni fa, commentando la rubrica sui “desaparecidos dell’urna” con alcuni amici si discuteva sulla necessità di istituire la “Giornata della memoria dell’elettore”, scegliendo un giorno fisso nel calendario, come si fa con il 14 febbraio o l’8 marzo, da dedicare ad una “rispolverata” delle promesse elettorali. In realtà, Maria Andaloro e Giuseppe La Face, hanno un’idea più concreta della mia, pensano ad una giornata durante la quale i politici che sono stati eletti, carte e numeri alla mano, ci dicano cosa hanno fatto dal momento del loro insediamento nel rispetto del mandato conferito loro. Come si fa in tutti i luoghi di lavoro o con i controlli alle auto, o come, nelle intenzioni, si voleva fare con i premi di produttività e i controlli sugli obiettivi raggiunti dai dirigenti nella Pubblica amministrazione. Un assenteista beccato in flagranza viene licenziato, un politico assente, grazie al fatto che abbiamo memoria corta, di solito viene rieletto perché “almeno non ha fatto danni”. L’idea della Andaloro è buona, è più ottimista di me, che invece penso ad una giornata della memoria nel senso letterale del termine, con la postilla tipica “per non dimenticare…” . Ormai ho l’assoluta certezza che il messinese abbia la memoria a km 0. Non va oltre i due giorni. Malattia questa i cui sintomi sono più evidenti nel caso dell’elettore, virus che si espande a macchia d’olio e ha tra i sintomi collaterali la rassegnazione e il masochismo inconsapevole. Se hai preso un mucchio di sberle dal tuo vicino di casa ma quando ti suona alla porta per chiederti il sale, la farina, l’olio lo accogli nel salotto appartieni a questa specie, quella dei masochisti recidivi. Gli elettori appunto. E io mi ci metto proprio in questa black list. Per me quindi la Giornata della memoria dovrebbe essere un ripasso collettivo. Gli elettori hanno dei veri e propri buchi neri, voragini epocali che molti, abilmente, riescono a colmare con fandonie che riteniamo persino siano accadute. Faccio solo un esempio: per anni ci hanno ammorbato con le delizie del bipolarismo, le gioie del bipartitismo, i sollucheri dell’alternanza (per non dire delle lussurie del porcellum) propinandolo come il migliore dei sistemi possibili, una sorta di paradiso della politica. Fiumi di dibattiti, saggi, interviste, peana. Alla fine persino il più ostico dei nostalgici del pentapartito ha capito che doveva modernizzarsi per non essere visto come un reperto archeologico. Non appena ci siamo convinti di vivere ne paradiso della politica, ecco che, dalla fine del 2012, senza alcuna riforma elettorale, senza alcuna legge straordinaria, senza decreto del papa, senza referendum, senza che nessuno ci abbia fatto una telefonata, hanno cambiato il sistema elettorale e sono passati all’ammucchiata. Se a qualcuno dei profeti del bipolarismo avessero detto che un giorno Renzi avrebbe governato (felicemente) con Alfano, lo avrebbero fatto internare. Fanno i colpi di Stato sotto il naso contando sulla memoria a km 0. Ci avevano detto che l’elezione diretta del Presidente del Consiglio era il traguardo della democrazia, invece gli ultimi tre, Monti, Letta e Renzi ce li siamo ritrovati senza neanche essere entrati nell’urna. L’ultimo poi, Renzi, se lo sono eletti nel Pd e per una proprietà transitiva mai vista prima ce lo siamo trovati a guidare il governo. E’ come se io votassi per il mio amministratore del condominio e due settimane dopo si sedesse sulla poltrona di sindaco senza elezioni. Per non parlare poi dei programmi elettorali o delle promesse. L’Imu, per dirne una, ce l’hanno tolta per finta tante di quelle volte che alla fine ci hanno preso per confusione. Con la decapitazione dell’art.18 ci hanno preso per stanchezza. Con la riforma elettorale, persino dopo la sentenza della Corte Costituzionale ci hanno preso per i fondelli e si stanno inventando un ibrido che non ha uguali in natura. La lotta agli evasori fiscali è ormai una figura mitologica come la riforma della burocrazia e un sistema di tassazione più equo, salvo poi alzare l’Iva come l’asticella che segniamo ai nostri figli sulle pareti di casa quando crescono. La vediamo alzarsi rigogliosa come una pianta e ne andiamo orgogliosi. Non parliamo poi delle alleanze. Per gli insulti che si scambiano fino a tre giorni prima di diventare amici per la pelle (o di tornare ad esserlo) dovremmo fare una settimana della memoria. Mai con la Lega o mai con questo Pd è diventata una frase da barzelletta. Ci hanno abituati a sistematiche coppie di fatto che sono il trionfo dell’ipocrisia molto più di matrimoni di vecchia data. Se avessero realmente effettuato i tagli ai costi della politica ogni volta che li hanno annunciati dovremmo essere noi adesso a gettargli un soldino per fargli comprare un tozzo di pane.
Crocetta ha costruito la sua campagna elettorale e i primi due anni di mandato sulla memoria a km 0 dei siciliani. Siamo talmente abituati ai suoi annunci che ci siamo convinti che quella cosa sia avvenuta. E’ la potenza creativa dell’annuncio reiterato. I siciliani pensano ad esempio che siano state abolite le province, il Muos sia stato tolto agli americani, sia stata varata la riforma della Formazione, il turismo vada a gonfie vele e la manciugghia sia stata sconfitta per sempre. E’ riuscito nell’allucinazione collettiva attraverso lo schermo televisivo a convincere tutti che la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata il taglio delle indennità e la norma anticorruzione. E’ stato in grado di fare uno spoil system da far impallidire i suoi predecessori piazzando i suoi uomini (compresi lombardiani e cuffariani) ovunque. Riuscirebbe a mettere un ex lombardiano (spacciandolo per nuovo di zecca) persino in un campanile sperduto dell’isola con la scusa che deve commissariare la parrocchia a causa della manciugghia sulle offerte della domenica. E’ venuto a Messina il 31 dicembre 2012, annunciando, come un Babbo Natale in ritardo, 50 milioni di euro per salvare la città dal default e non si è visto un euro (se è per questo non si è visto neanche l’aeroporto, i teatri in rete, la salvezza di Sicilia Limoni,la stabilizzazione degli orchestrali e via dicendo).
Non è che dalle nostre parti sia meglio. Il primo punto in programma della rivoluzione accorintiana era il taglio delle indennità di sindaco e assessori. Ma nel programma svettavano anche la flotta comunale, la rinascita delle periferie e dei villaggi, il car sharing e il bike sharing, il bilancio partecipato, il fondo di sostegno al lavoro, il tavolo vertenziale, la Cittadella del made in Sicily, il prg dell’ambiente, il regolamento beni comuni, il censimento del verde, la raccolta porta a porta, la rivoluzione dei servizi sociali, piano del verde. Pur ammettendo che fare la flotta comunale sia un’impresa titanica qualcuno mi spieghi perché per organizzare gli Stati generali dei servizi sociali debbano passare due anni. Non stiamo parlando dell’Assemblea Onu.
Quindi io la Giornata della memoria dell’elettore la immagino più così. Una giornata in cui, scegliendo un fiore-simbolo a caso, io direi una pianta, il cactus, gli elettori si riuniscano e si aiutino l’uno l’altro ricordandosi quello che gli eletti hanno detto in campagna elettorale oppure i fatti che sono accaduti, i silenzi, le complicità.
Esempio: “Vi ricordate quando nel 2007 hanno tagliato il treno Agrigento Milano e nessuno ha detto cio? E quando nel dicembre 2012 hanno tagliato i treni notte e quelli a lunga percorrenza e al passaggio a Messina dell’ultimo convoglio c’erano solo quei pazzi dell’Orsa, 7 giornalisti e i futuri disoccupati della Servirail a protestare?” Come mai adesso si sono svegliati tutti paladini del ferry boat? E dove erano tutte queste adesioni quando uno sparuto gruppo di sindacalisti ed un solo parlamentare hanno lottato per Metromare o per i posti di lavoro? Ma è possibile che basta un comunicato di adesione per farci dimenticare anni di silenzio? E dall’estate 2013 quest’amministrazione, a parte parlare del popolo dello Stretto che ha fatto di concreto per scongiurare gli scippi e la dismissione? Ma ce lo siamo dimenticati che appena pochi mesi fa ha proposto ufficialmente per la vicenda Metromare di tagliare i collegamenti Messina-Reggio e mantenere solo quelli con Villa (peraltro già effettuati da Caronte quindi facendogli un regalo) spiegando che tanto poi migliaia di passeggeri avrebbero “comodamente” raggiunto Reggio da Villa in treno….? Ce lo siamo dimenticati che ad ottobre Bluferries ha lasciato il porto storico (altro regalo di questa giunta al gruppo Caronte) causa provvedimenti anti-tir ed è ritornata solo perché Tremestieri è l’attracco più assurdo del mondo e s’insabbia molto più velocemente di quanto io ingrassi mangiando Nutella?
Dovremmo aiutarci l’uno l’altro e ricordare quando ci hanno promesso i miliardi per le opere compensative al Ponte dicendo che erano soldi che andavano al territorio e poi non hanno compensato nulla, quante volte ci hanno promesso l’alta velocità e la riqualificazione della zona falcata, il raddoppio ferroviario e la consegna del Museo, la trasformazione dell’ex ospedale Margherita e la pulizia delle zone a verde, i fondi ecopass e la stabilizzazione degli orchestrali.
Dovremmo andare ai comizi ed agli insediamenti con i registratori e conservare ogni sillaba,perché poi, già un mese dopo ce ne siamo scordati. E poi, nel Giorno della memoria, riascoltare tutto. Ingrid Bergman diceva che il segreto della felicità è questo: avere buona salute e cattiva memoria. Si sbagliava, questo è il segreto della politica: essere in buona salute grazie al fatto che noi abbiamo cattiva memoria.
Rosaria Brancato