Sono 465 gli episodi intimidatori perpetrati a vario titolo nei confronti di quanti amministrano la cosa pubblica nel nostro Paese, durante lo scorso anno: come dire 9 intimidazioni a settimana. E sono state 89 le province coinvolte, il dato più alto di sempre.
Dato che, insieme all’incremento del 3,5% degli atti intimidatori verificatosi nel Nord del Paese, testimonia come la criminalità organizzata (artefice della stragrande maggioranza di questi odiosi gesti) da tempo ormai non sia solamente “fatto nostro”, a Sud.
Questi i dati salienti emersi, questa mattina, nel corso della presentazione del rapporto di Avviso pubblico Amministratori sotto tiro, giunto alla sua decima edizione, relativa alle intimidazioni subite nel 2020.
Una videoconferenza dipanatasi online e in streaming sui social network, quella moderata dal coordinatore nazionale di Avviso pubblico Pierpaolo Romani. A caratterizzarla, soprattutto la presenza del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
Per il resto, vi hanno preso parte il presidente di Avviso pubblico Roberto Montà (sindaco di Grugliasco, nel Torinese), il vicepresidente Renato Natale (sindaco di Casal di Principe, nel Casertano, luogo-icona della tracotanza della camorra), il docente di Criminologia e sicurezza urbana all’Università “Bicocca” di Milano, Claudio Forleo, curatore del Rapporto (responsabile inoltre dell’Osservatorio parlamentare di Avviso pubblico).
Guardando alle statistiche su base regionale, ci dice la decima edizione di Amministratori sotto tiro che per il quarto anno di fila il maggior numero di gesti intimidatori s’è verificato in Campania: lo scorso anno, se ne sono conteggiati 85, per oltre metà (46) a Napoli.
Immediatamente dopo, però, c’è proprio la Sicilia, con 55 intimidazioni – come la Puglia –: una cifra purtroppo assai alta, ma comunque sempre meno che nel passato anche recente (-17% rispetto al 2019).
I pur sempre elevati casi registratisi in Calabria, 38, planano notevolmente rispetto al 2019 (erano stati 53) e la relegano, per così dire, soltanto al quarto posto nazionale.
Non solo: queste 38 intimidazioni, sotto il profilo meramente numerico, incarnano un dato superiore giusto di una lunghezza rispetto al numero d’intimidazioni – 37 – verificatosi nel medesimo periodo in Lombardia.
Ma come si presentano i dati disaggregati, su scala territoriale? Si diceva di Napoli: il capoluogo campano si conferma, con 46 intimidazioni, il territorio più colpito in assoluto. E anche la poco invidiabile “medaglia d’argento” in fatto d’atti intimidatori spetta a una città campana, Salerno (21). La relativa sorpresa è che sùbito dopo ci sono due metropoli come Roma (20 casi) e Milano (16, come Foggia).
Dal sesto posto in poi, ulteriori sorprese.
Per quanto attiene alla ‘ndrangheta e comunque alla Calabria, non è infatti Reggio Calabria il territorio maggiormente attinto da minacce & C. bensì Cosenza, dove nel corso del 2020 se ne son verificate 15. Seguono, ex-aequo, due città-outsider: la veneta Padova e poi Lecce, visto che in Salento la Sacra corona unita sta diventando senz’altro più temibile che in passato. Al nono posto assoluto, per così dire “a pari merito”, col capoluogo pugliese Bari – dove la pervasività dell’Scu invece non è una novità – c’è Messina, che è dunque la città siciliana in cui lo scorso anno si sono registrati più gesti intimidatori (13) e anche la sesta in tutto il Mezzogiorno.
Una new entry su cui meditare.
Ma la presentazione ha anche offerto il destro per compulsare i dati complessivi del “primo decennio” (2011-2020) del report firmato Avviso pubblico.
Affrontando questa lettura, la “musica” cambia completamente: in testa, per numero d’intimidazioni, ci sono Sicilia (726 casi) e Calabria (663). E guardando ai territori provinciali, se il primato spetta a Napoli, seguono a ruota due realtà calabresi: Cosenza e Reggio Calabria, città quest’ultima che – specialmente negli anni scorsi – “ha dato” tanto, quanto a intimidazioni ad amministratori pubblici.
Di certo, il mondo cambia; e il pressing intimidatorio su chi amministra la cosa pubblica muta insieme a lui…
Per esempio, a dispetto della tracotanza dei clan malavitosi, ormaiun’intimidazione su 3 è riconducibile a sfere “altre” rispetto a quella mafiosa. Di questi 168 gesti intimidatori perpetrati lo scorso anno epperò non riconducibili a matrici malavitose, il 42% ha riguardato aggressioni o diffamazioni poste in essere in relazione alle restrizioni antiCoronavirus; un altro 22% – per quanto incredibile possa apparire – in ragione di “visioni politiche” sgradite.
E poi, impossibile richiamare il cambiamento, senza guardare anche alle modalità prescelte per eseguire un atto intimidatorio. Singolare il risultato: nel 2020 s’è sparato solo nel 2% dei casi, soltanto nell’1% sono stati fatti evocativamente ritrovare dei proiettili. Perché, appunto, la paura che si vuol incutere a sindaci o altri amministratori segue ormai altre vie: nel 19% dei casi, i messaggi minatori sono stati veicolati direttamente attraverso i social network più popolari. E questo tipo d’ “avvertimento”, spesso, è stato realizzato proprio in relazione ai problemi ricollegabili al contenimento del Coronavirus.
Nel 15% dei casi, peraltro, le minacce – dirette, che rappresentano la stragrande maggioranza, e indirette – hanno riguardato amministratrici, che portassero la fascia tricolore, fossero in Giunta, sedessero in Consiglio o avessero i galloni di funzionarie o dirigenti della Pubblica amministrazione. Gli amministratori di sesso femminile sono stati colpiti tramite incendi nel 19% degli episodi subiti; nel 18% delle evenienze, tramite intimidazioni o diffamazioni.
Numeri a parte, la “chiave” di lettura del rapporto stilato annualmente da Avviso pubblico sta – naturalmente – anche e soprattutto nelle proposte. Nell’occasione, ne sono state formulate tre, meticolosamente esposte dal presidente di Avviso pubblico Roberto Montà.
«A volte, mi sento più “sotto tiro” da parte dello Stato, che non da parte della criminalità organizzata…» ha ironizzato Renato Natale in relazione a una serie di normative in tema di salute pubblica o di gestione degli alloggi popolari che espongono fortemente chi amministra, sia a reazioni rabbiose della gente sia a possibili “grane” giudiziarie.
Il primo cittadino di Casal di Principe non ha però rinunciato su una polemica a distanza d’altro segno: sull’incremento dell’indennità che qualche sindaco ha auspicato. «Se tutto si riducesse a questo, saremmo proprio ridotti male: e poi, capisco i sindaci di grandi città come Milano o Torino, ma per il resto non mi sembra un argomento primario», ha tagliato corto Natale, insistendo piuttosto sull’assoluta carenza di uomini e mezzi per intervenire su temi “scottanti” quotidianamente di fronte a ogni sindaco italiano.
Attese le esternazioni del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. «Sono state avviate interlocuzioni col Ministero dell’Economia per garantire gli stanziamenti necessari per coprire il Fondo sperimentale triennale per iniziative di sensibilizzazione alla legalità rivolte alle giovani generazioni – ha evidenziato il ministro Lamorgese –. Sono convinta che rappresenterebbe un segno tangibile anche al mondo delle autonomie, specie verso i giovani amministratori spesso chiamati a difendersi dalla viltà d’atteggiamenti intimidatori solitamente maturati nell’ombra».
E la titolare del Viminale, pur «senza scendere nei dettagli», fa sapere che è stato avviato «un approfondimento tecnico congiunto col Ministero della Giustizia che potrebbe consentire nel medio termine d’accendere un faro anche sul versante repressivo, rispetto alle intimidazioni». Fermo restando che il ripristino dell’Educazione civica tra le discipline studiate nella scuola dell’obbligo, ha osservato la Lamorgese, può essere il vettore migliore per sensibilizzare al culto «della Democrazia e della libertà».
Ma il ministro Lamorgese va oltre, scendendo “sul campo” di Avviso pubblico coi dati ufficiali del Viminale che “vanno oltre” il periodo colpito del decimo report. «Nel 2019 s’era registrata una forte recrudescenza del fenomeno delle intimidazioni: come avete esposto, aveva trovato un calo l’anno scorso. Ecco, purtroppo questa recrudescenza la ritroviamo nei primi 9 mesi del 2021, durante i quali s’è registrato un aumento del 16,9% di questi episodi che, a fine anno, purtroppo potrebbero portare il fenomeno agli stessi livelli del 2019».