MESSINA – Che cosa hanno in comune gli sfratti, il tormentone ponte e il risanamento? La necessità di un’idea di città. Di una visione, di un progetto. Messina dovrebbe guardarsi allo specchio e vedere le proprie inadempienze e le proprie potenzialità. Manca una visione d’insieme culturale, sociale, economica, turistica, infrastrutturale di ampio respiro.
Ma andiamo per ordine. Tre sfratti nelle ultime settimane: la spia di un problema casa talmente strutturale da non presentare il carattere episodico del fenomeno momentaneo, dell’emergenza. Il tutto mentre s’attende di avere un quadro completo, a livello comunale, su chi ha diritto a un’abitazione dignitosa con un canone sociale. Senza più cedimenti nei confronti di chi, invece, ne approfitta in barba all’equità.
E, ancora nell’agenda di questi giorni, il dibattito acceso sul ponte sullo Stretto e l’accelerazione impressa in ambito nazionale ed europeo. Infine, le nostre telecamere su una delle 72, anzi di più, baraccopoli messinesi. Un’immersione nelle baracche di Camaro San Luigi per ricordare a tutti, in primis a noi giornalisti, quanto sia necessario entrare in contatto con pezzi di città spesso dimenticati nella frenesia quotidiana.
Tutti questi elementi hanno come filo comune la necessità di una visione di città che la politica deve avere. In ambito europeo, nazionale e regionale, ogni sforzo dovrebbe essere diretto a ragionare su un’idea di sud da rilanciare. Infrastrutture, servizi, turismo, cultura, rigenerazione urbana e riqualificazione sociale: sono temi decisivi che rischiano di passare in secondo piano mentre il dibattito sul ponte spazza via tutto il resto. Dibattito importante, se si entra nel merito dei contenuti, ma che va accompagnato a un’idea del futuro di Messina, da tradurre in progetti mirati.
La fondamentale valutazione ambientale, i quesiti sulla realizzazione e fattibilità tecnica, il piano economico, i dubbi sui tempi nella regione degli eterni lavori, le ricadute delle operazioni sul territorio in termini di disagi quotidiani: sono argomenti cruciali per un’analisi rigorosa del progetto ponte. Tema da sottrarre alla propaganda governativa e ai devoti del ponte a tutti i costi. Ma da sottrarre anche a un approccio troppo ideologico (il ponte non è la giustizia sociale né i diritti degli ultimi): è uno strumento da valutare sul piano tecnico nei suoi pro e nei suoi (non pochi) contro.
Non avendo interessi in campo, se non quelli di fare buona informazione, cercheremo d’approfondire il tema nel modo più accurato possibile, in modo che gli stessi lettori si possano fare un’idea. Con esperti a confronto, sui due versanti, capaci di sviluppare una dialettica stimolante e di non alzare barricate. Una cosa è certa: ogni sforzo politico deve essere teso a garantire, in pochi anni, una necessaria modernizzazione con infrastrutture e servizi per Messina e la Sicilia, con una visione culturale e progettuale. E, soprattutto, un’idea di futuro per la città dello Stretto.
Un argomento su cui ci si potrebbe soffermare, ma allo studio spesso si preferisce l’invettiva, è se Messina e la Sicilia, per risollevarsi, avrebbero bisogno di un progetto armonico di sviluppo di minore impatto ambientale e paesaggistico. Il tutto senza perdere però nessun tassello di un piano di opere necessarie per cambiare in meglio questa terra ammalata d’immobilismo e marginalità. Come più volte sottolineato, alla Sicilia servono investimenti miliardari. Ricordiamo, sul fronte messinese, la tangenziale nord da Giostra a Faro e l’affidamento del progetto e il finanziamento del raddoppio della Messina – Palermo, tra le tante necessità.
Ma, lo ribadiamo, senza una visione economica, culturale, turistica, d’infrastrutture e servizi, di lavoro e riscatto sociale, questa terra continuerà a recitare il ruolo di perenne incompiuta, in un sud ricco di retorica ma non d’investimenti mirati.
Senza un programma straordinario, per tempi, qualità e quantità, d’interventi, questa terra rimarrà eternamente prigioniera dei suoi fantasmi: dalla mafia al disfattismo. Le emergenze legate all’occupazione e al bisogno abitativo, anche quelle strutturali e quindi da non trattare secondo una logica emergenziale, o s’affrontano in un’ottica di sforzo accurato per invertire la rotta, oppure rimarranno sempre vacui proclami. Allo stesso modo, per chi approfitta di situazioni illegali, senza avere diritto a condizioni agevolate, il messaggio deve essere chiaro: legalità e giustizia sociale devono viaggiare insieme.
Messina s’era abituata a ignorare i problemi, fino a ingigantirli dagli anni Settanta in poi. Di certo, i pezzi di potere dominanti consideravano tutto il resto marginale. Un po’ con la stessa logica che guida alcuni miliardari nelle realtà delle favelas: che importa se si è circondati dalla miseria, quando si ha il proprio fortino immerso nel lusso?
Ecco, oggi, i temi del risanamento e della fame d’alloggi vanno concepiti in una logica di comunità che deve abbattere la mentalità periferia/centro e vanno concepiti come un tutt’uno. Servono politiche sociali – istruzione, formazione professionale, lavoro, salute e casa come pilastri – nel nome del cosiddetto welfare di comunità. Ma bisogna fare presto, con idee e progetti inseriti in una visione d’insieme. Di vuote parole e speranze, in questo 2023 così precario e insidioso, non abbiamo davvero bisogno.