Messina si tinge di arcobaleno. Dopo tanta attesa ed una organizzazione di mesi e mesi, finalmente, il Pride riempie la nostra città. La riempie di colori, di sorrisi, di senso di comunità e di libertà.
Il Pride è per tutti. A Messina, infatti, sono in tantissimi a lottare per i diritti, con cartelloni, bandiere, collane color arcobaleno. Non solo i membri della comunità LGTBIQA+, che comprende gay, lesbiche, bisessuali, transessuali e intersessuali, ma tante famiglie, grandi e piccini, anziani, perfino un sacco di cagnolini, accompagnati anche loro da simboli arcobaleno.
Non sembra più di camminare per le nostre strade. Anche il Municipio si illumina dei colori dell’arcobaleno. Il Pride trasporta tutti in una festa; unisce, diverte, ma con una leggerezza la cui forza non va ignorata. La leggerezza del Pride porta con sé una lotta importante. Risponde agli insulti, alla violenza, alla non accettazione, non con le stesse armi, ma con la musica, i brillantini e i sorrisi. A Messina lo ha fatto, rendendo davvero una comunità chi vi ha partecipato, donandogli sicurezza e speranza; e mostrando, invece, a chi non lo guardava di buon occhio, ciò che è e vuole essere: nessuna carnevalata, nessuna follia, ma una lotta coraggiosa per i diritti.
Non amo gli eccessi, ma non al Pride. Il Pride vuole essere eccessivo, deve esserlo per rivendicare ciò che è scomodo, per rendere visibile ciò che resta invisibile. Per questo il Pride deve essere esagerato, per questo parrucche, piume, tacchi e perizoma hanno un senso importante. Permettono di vedere, di mettere in luce ciò che normalmente viene nascosto, ciò che la società vorrebbe cancellare. I colori e le esibizioni del Pride permettono che sia visibile. Quotidianamente un eterosessuale può mostrare se stesso, ciò che è, cosa e chi ama; questo, che per lui è la normalità sui cui non fare neanche caso, per un omosessuale è una conquista. E al Pride, per un giorno almeno, questa conquista è possibile.
Il Pride a Messina è stato questa conquista. Per l’adolescente che non sa ancora chi vuole essere, perché la società gli impone la paura di esserlo, ma sotto quel carro si è sentito capito, accettato, normale. Per chi si ama ma è costretto a nasconderlo e, tra la musica e i colori, ha avuto il coraggio di darsi un bacio. E per chi quotidianamente vede la sofferenza di un amico, un familiare, un figlio (oppure il proprio padrone se si è un cagnolino) e, stretto a quella bandiera, l’ha visto finalmente felice.
Il Pride celebra l’accettazione dell’altro, la liberazione della personalità e quindi anche del corpo, la bellezza di ogni colore e un modo diverso di stare insieme. Per questo, il Pride non è solo lotta per ottenere i diritti, è esso stesso un diritto. E, per questo, al Pride non interessa diventare una cosa seria, vuole essere una cosa vera.
Nasce proprio per questo, la notte tra il 27 e il 28 giugno 1969 allo Stonewall Inn, uno dei più noti locali gay di Manhattan.
Quel venerdì, verso mezzanotte, la polizia entra con un mandato pretestuoso nel locale e, come troppo spesso accadeva, inizia a minacciare i presenti, a rompere oggetti a colpi di manganello.
Per la prima volta, però, quella sera qualcuno reagisce. I presenti, omosessuali e non, non subiscono più passivamente la violenza. Da allora nasce il Pride, che quello stesso spirito di giustizia ha voluto mantenere negli anni.
Quindi bello il Pride, ma… Non c’è nessun ‘ma’, e non ce ne devono essere. Non di quelli canonici che in tanti gli ergono contro. I ‘ma’ da porsi sono diversi.
Il Pride difende la libera circolazione delle differenze, la libertà di essere. Ma perché questa libertà non è accettabile a Messina?
Il Pride è la celebrazione dell’orgoglio; perché tutti gli altri giorni dell’anno, però, la nostra città non permette facilmente di essere orgogliosi di quel che si è?
Il Pride è una festa; ma perché quando finisce per i membri della sua comunità inizia tutt’altro che una festa?
Proprio per queste domande il Pride è ancor più necessario. È necessario perché due persone dello stesso sesso restano timorose a tenersi per mano nelle nostre strade; perché basta indossare abiti non conformi alla norma per essere etichettati; perché la nostra città è un grande paese, dove non solo vogliamo sapere tutto di tutti, ma pretendiamo anche di poter decidere chi o come tutti debbano essere; perché, tranne che per alcune eccezioni che fortunatamente esistono, mancano punti di riferimento o gruppi di condivisione per le persone Lgbtqia+; perché qui domina una mentalità chiusa capace perfino di generare l’omofobia interiorizzata di chi fa parte della stessa comunità.
Il Pride è una bella e importantissima parentesi. Una parentesi che, però, ha il potere di influire sul risultato dell’equazione finale. Quel senso di comunità, di unione, di libertà che si respirava per le strade di Messina deve, passo dopo passo, continuare anche oggi, domani. Il Pride a Messina ha mostrato il colore a chi vede solo in bianco e nero. E a chi non riesce a farlo, resta soltanto un mondo monocromatico.