Cinque personaggi in cerca di cittadinanza.
Non bisogna mai cadere nella tentazione di pensare che i tempi delle glorie zanclee fossero esentati da mancanze; semplicemente, ce n’erano di meno rispetto a oggi, tanto da sembrare in proporzione inesistenti. C’è in effetti un difetto che noi abbiamo da sempre: mentire in maniera magistrale, che oggi tocca livelli non più trascurabili. Se non altro una volta si usava questa “facoltà” per un giusto (?) scopo, qual è la propaganda municipalistica; per esempio attribuendo con sicurezza alla città di Messina fatti e personaggi tramite dimostrazioni scarse o addirittura arbitrarie.
A volte, sugli argomenti trattati, l’eventuale esistenza di fonti andate perdute e l’invenzione di sana pianta s’intersecano in un modo in cui non si capisce più da che parte stia la verità. In molti casi, l’autore di questa confusione è Costantino Lascaris, l’eminente studioso costantinopolitano oggi sospettato in morte d’avere cercato d’ingraziarsi la città che l’ospitava creando ad arte testimonianze di fasti che la vedevano protagonista; per quanto riguarda i personaggi illustri nativi di Messina, la sorgente è l’opuscolo De scriptoribus Graecis patria Siculis (“Sugli scrittori greci per patria siciliani”) ove tuttavia non sono citati che tre autori (fra i vari, invero) dai quali sono tratte le informazioni (Diogene Laerzio, Flavio Filostrato e il Suida), che peraltro non le menzionano nella stessa forma in cui vengono poi riportate da Lascaris. Qui il mistero s’infittisce, perché se può essere vero che Lascaris abbia falsato, è anche vero ch’egli aveva avuto per le mani libri che oggi non possediamo più.
L’attuale storiografia ufficiale nemmeno menziona le teorie secondo le quali costoro fossero nativi della nostra città (un silenzio che le taccia d’insufficienza, non sempre a torto): li dà direttamente nativi d’altrove. Se i cari filosofi Dicearco ed Evemero è sostanzialmente appurato che fossero zanclei e nessuno può toccarceli, gli altri nomi (da noi non più rivendicati) scritti sui secolari volumi con accanto l’aggettivo messanensis sono i seguenti:
Come annotato fra parentesi, a quasi tutti questi personaggi la gran parte delle fonti (e quindi l’opinione storiografica) attribuisce una pressoché sicura città d’origine, che per la vicinanza geografica o per la somiglianza del nome dai nostri vecchi scrittori viene corretta in Messina. La situazione è complicata dal fatto che in lingua greca Messina e Messene si chiamavano entrambe Messéne nel dialetto ionico Messána nel dialetto dorico, perciò se la fonte quando nomina un personaggio non specifica da quale delle due provenisse, diventa difficile capire a quale si stesse riferendo. Se si vuole mentire, basta prendere la Messene di Grecia e trasformarla in Messene di Sicilia.
Oggi come oggi la nostra municipalità, che perde amor proprio ogni giorno di più, semplicemente si arrende alla storiografia ufficiale, e questo non è bene; anzi, deve collaborare con essa: auspichiamo che gli studiosi nostri concittadini si mettano sulle tracce di questi antichi autori e facciano ricerca a proposito delle loro origini, oltre tutto quanto già è noto. Se costoro erano messinesi e si potrà dimostrarlo, avremo più ancora da essere orgogliosi; se invece si dimostrerà che costoro nulla di messinese avevano, prenderemo atto della nostra presunzione passata e presente e ne trarremo una lezione (pur aspra) per il futuro.
È il momento della verità.
Daniele Ferrara