Nel salone del Convento di San Domenico è stata ospitata giorno 6 una conferenza tenuta dal professor Franz Riccobono, Presidente dell’Associazione Amici del Museo di Messina, sulla relazione tra Messina, don Giovanni, la Battaglia di Lepanto e la preghiera del Rosario, coadiuvato da un bel repertorio d’immagini realizzato da Nino Dini (alcune delle quali sono qui riportate), socio della suddetta Associazione. Ricorre infatti il 448° anniversario della battaglia navale, che si combatté proprio il 7 Ottobre quattrocentoquarantotto anni or sono. È anche occasione, per la comunità della Parrocchia e per i Dominicani, di celebrare il Santo Rosario attraverso la sua storia: nel tempio infatti è custodita una statua della Madonna del Rosario e nel catino absidale è affrescata la partenza delle navi cristiane per quella guerra.
L’idea di creare una flotta congiunta degli stati cristiani nel 1572 nacque per la necessità avvertita dalle varie parti di contrastare l’avanzata ritenuta inarrestabile dell’Impero Ottomano per terra e per mare. I più importanti – e quelli aventi maggiore interesse – stati cristiani, con in testa i regni di Filippo d’Asburgo (tra i quali il Regno di Sicilia), che mandò come comandante generale dell’armata il proprio giovanissimo fratellastro, don Giovanni d’Austria (figlio come lui dell’imperatore Carlo V d’Asburgo), si unirono nella Santa Lega benedetta da papa Pio V. Fu scelta come luogo di riunione di tutte le unità proprio Messina.
La Messina che ospita l’adunata delle navi che dovevano andare ad affrontare la flotta ottomana è una città al culmine della sua potenza economica, raggiunta già nel secolo precedente. È la città nella quale Carlo V, re Carlo II di Sicilia, dopo la vittoria a Tunisi, volle entrare: dell’accoglienza fastosa all’Imperatore si parlò per secoli e se ne parla ancòra, fu talmente articolata e opulenta che quando l’augusto Carlo fu in vista di Messina dovette fermarsi due giorni al monastero di San Placido a Calonerò perché gli apparati celebrativi non erano ancòra pronti. Ed è una città che proprio in quel periodo per volontà dell’Imperatore era stata dotata d’una nuova e più moderna cinta muraria.
Messina viene scelta proprio per la sua ricchezza e la sua potenza, poiché difficilmente un’altra città sarebbe riuscita a sostenere gli alimenti per decine di migliaia di uomini oltre alla propria popolazione. Essendo il Val di Demona povero di grano, invero, Messina dovette ricorrere oltre che ai proprii casali anche all’entroterra siciliano e alla dirimpettaia Calabria; a ciò va ricondotta la diffusione delle tante “Vare” portate in processione in varie città, come Palmi, gemellaggio come segno di gratitudine che Messina concesse per l’aiuto fornito in quelle circostanze. Il contributo messinese però non si limitò a questo: due delle galee siciliane che partirono in guerra furono armate a Messina dall’antica casata Marullo, tuttora presente in città.
I quattro comandanti più elevati erano: don Giovanni d’Austria, comandante in capo di tutta l’armata di mare, il principe Marcantonio Colonna, comandante della flotta papale, Andrea Doria, comandante per la Repubblica di Genova, Agostino Barbarigo, comandante per la Repubblica di Venezia. Tra questi, Doria custodiva un’immagine della Madonna di Guadalupe, recentemente introdotta dalle colonie americane. Dopo avere cercato la flotta nemica nella parte orientale dello Ionio, la Lega Santa riuscì a trovarla nel golfo di Lepanto. L’èsito del confronto armato comunque fu deciso già all’inizio, quando le gigantesche galeazze veneziane irte di cannoni, per la prima volta introdotte in guerra, avanzarono per prime e indirizzarono un tiro fittissimo sullo schieramento nemico, sotto il quale cadde il comandante della flotta ottomana, Muezzinzade Alì Pascià; ne conseguì un disastroso disorientamento che permise a don Giovanni un avanzamento spietato. La battaglia si concluse con l’èsito che sappiamo.
Si racconta un fatto veramente miracoloso e straordinario: il 7 Ottobre, all’ora in cui fu vinta la battaglia, cosa che ovviamente non si seppe per giorni perché le comunicazioni viaggiavano lente, un monaco dominicano che stava pregando il Rosario si alzò in piedi stravolto e gridò esultando: “Abbiamo vinto!”. A molti personaggi più o meno illustri nella storia sono attribuite visioni di qualcosa che avveniva in un altro luogo, in effetti è un fenomeno relativamente comune.
Grande fu la celebrazione dell’impresa di Lepanto, a Messina e in quasi tutto il mondo cristiano. Fu vista come l’epopea del secolo, la vittoria definitiva della Cristianità contro l’Islam, l’ultima delle crociate. A Messina, il luogo in cui tornarono le navi vittoriose, don Giovanni fu accolto con un arco trionfale sestuplo montato direttamente all’imbarcadero; di quel trionfo ci rimane ancòra la statua del condottiero realizzata da Andrea Calamech che si trova in piazza Lepanto, commissionata dal Senato di Messina pare già prima che si sapesse di vincere. Le raffigurazioni dello scontro nell’arte, innumerevoli, servirono da propaganda: una, per esempio, raffigura i diavoli che da una barcaccia raccolgono i caduti turchi per portarli via.
Qui veniamo al Rosario: sebbene quest’oggetto sacro e la relativa preghiera fossero già in uso in precedenza, fu proprio quella circostanza a propagarne la pratica, giacché fu scelto da papa Pio V come preghiera propiziatoria della battaglia e dopo la vittoria l’istesso Pontefice promulgò il culto della Madonna della Vittoria, che sarebbe stata poi trasformata in Madonna del Rosario. Questa celebrazione avvenne anche a Messina, tramite una statua commissionata dal Senato che ora si trova innalzata sulla facciata del Santuario della Madonna di Montalto, attribuita sempre a Calamech.
La battaglia a Lepanto in verità fu meno risolutiva di quanto di solito si crede: le campagne navali dell’Impero Ottomano continuarono per altri secoli e l’avanzata fino a Vienna (con fallito assedio) non si era ancòra verificata. Riccobono inoltre rammenta che durante una visita a Efeso vide un monumento celebrante quella battaglia e la sua guida alla sua incredulità gli spiegò che in realtà fu la Sublime Porta a trionfare, nonostante le perdite; insomma, entrambe le parti dicono d’avere vinto, come già avvenne più di tremila anni fa per la battaglia di Qades. Nonostante tale incertezza, quest’evento cambiò comunque la storia, nei costumi, nell’arte, nella politica.
In questi tempi in cui si ha una giustificata paura di recarsi in luoghi pubblici, riteniamo certamente salutare – più del solito – permettere al pubblico messinese di conoscere i contenuti di conferenze così interessanti che arricchiscono un’essenziale conoscenza della nostra storia.