Messina – L’attività delle sale operatorie di Chirurgia non si è mai fermata, malgrado le denunce dei familiari di alcuni pazienti deceduti. Anche dopo la relazione dei consulenti nominati dalla stessa azienda.
Il primo stop per presunte criticità è quindi quello adottato dalla Procura di Messina che sabato scorso ha fatto scattare il sequestro dei due blocchi operatori, in attesa dei risultati completi delle analisi ordinate dai magistrati. I primi risultati indicano infatti che i batteri ci sono, sono diversi, rilevati sia nell’acqua che negli ambienti operatori, e sono buona parte sopra soglia. In più le criticità erano già state certificate il 25 ottobre scorso.
Ma l’azienda, scrivono i giudici, non aveva adottato alcun provvedimento. Mancavano, hanno rilevato i consulenti, anche i filtri ai rubinetti dell’acqua adoperati per lavare gli strumenti chirurgici.
Ecco, in estrema sintesi, perché sono state chiuse temporaneamente le due sale operatorie.
L’obiettivo di tutti è riaprire presto. Le sale devono essere riutilizzabili prima possibile per limitare i trasferimenti dei pazienti verso altri ospedali, come già accaduto in questi primi giorni. Ecco perché la Procura, contestualmente al sequestro del blocco operatorio 1 e 2 di Cardiochirurgia, ha affidato le sale ad un custode giudiziario, la dirigente del dipartimento Igiene dell’Asp Messina, Maria Gabriella Caruso.
Il decreto di sequestro, siglato dal giudice per le indagini preliminari Tiziana Leanza, è stato però necessario dopo i primi risultati delle analisi, ancora da integrare con i risultati dei prelievi ancora in corso.
Dopo le denunce dei familiari delle cinque persone morte dopo gli interventi tra agosto e novembre, infatti, oltre ad ordinare gli esami medici per stabilire esattamente le cause della morte, la Procura ha scorso l’elenco Istat sul numero dei decessi nel giro di pochi mesi, scoprendo che nel giro di poche settimane sono morte complessivamente 27 persone in quell’ospedale, per cause collegate a “patologie correlate a contaminazioni batteriche degli organi interni”.
Sono stati quindi effettuati prelievi di diverso tipo e i risultati di quelli ordinati alla Chemlab di Catania sono arrivati sul tavolo dei magistrati indicando dati preoccupanti. L’Istituto di ricerca di Catania riscontrava infatti sui campioni “il superamento delle soglie di rilievo della presenza di agenti patogeni nella acque utilizzate nelle sale operatore per il lavaggio della strumentazione sanitaria, e l’assenza di filtri applicati ai rubinetti esaminati”.
La presenza di colonie batteriche all’interno delle stesse sale operatorie veniva riscontrata anche dalle analisi della Greengea, incaricata dalla stessa azienda sanitaria, che il 25 ottobre consegnava ai vertici del Papardo il dossier indicante, scrive il GIP Leanza, “numerose criticità in termini di salubrità degli ambienti operatori, essendo stata rilevata la presenza di microorganismi e batteri sulle superfici oggetto di verifica”.
Da qui il sequestro visto che, scrive il Giudice, nessun provvedimento è stato adottato dai vertici dell’ospedale malgrado la conclamata non sterilità dei blocchi operatori.
La contestazione ai sei indagati per omicidio colposo- in sostanza i vertici ospedalieri e i responsabili delle rispettive divisioni coinvolte, riguarda proprio il non aver adottato protocolli adeguati, né misure di vigilanza o istruzioni per prevenire la diffusione dei batteri.