MESSINA – Tre persone sul tetto di una scuola messinese nella mattina del 6 settembre. Un’immagine che colpisce. In questo caso, ci dicono gli esperti, sono necessari i dispositivi collettivi: ponteggi, parapetti, reti. Al contrario i dispositivi individuali, le imbracature, vanno utilizzati se nel tetto sono presenti corde d’acciaio a cui ancorarsi. I riferimenti normativi sono gli articoli 111 e 148 del decreto legislativo 81 del 2008.
Un interrogativo s’impone: quanto vale una vita? Nel momento in cui ci indigniamo per la morte del ventiduenne messinese Kevin Laganà e dei suoi compagni di lavoro – Giuseppe Lombardo, Giuseppe Servillo, Michael Zanera, Giuseppe Aversa – possiamo continuare a far finta di nulla? Se la magistratura indaga ipotizzando che ci fosse l’abitudine a lavorare sui binari anche con i treni circolanti, senza un’autorizzazione formale, la frustrazione per le morti sul lavoro non può cbe aumentare.
Datori di lavoro e lavoratori non devono mai concedere deroghe: la sicurezza è una priorità. Come attesta l’Osservatorio Sicurezza e Ambiente Vega, le morti sul lavoro risultano in aumento in Italia. La Sicilia, dati del maggio 2023, è sesta in questa macabra classifica. E, al 31 luglio 2023, la provincia di Messina figura sempre sesta e quella di Siracusa settima, fonte Inail, negli incidenti mortali, con la provincia di Crotone in testa.
In questo quadro, come giornale abbiamo lanciato da mesi delle proposte provocatorie ed elaborato alcune riflessioni per offrire un contributo affinché si adottino tutte le misure necessarie per salvaguardare le vite umane. E non smetteremo di farlo. Ma quelle persone sul tetto rappresentano un’immagine che non smette d’inquietare. Non aspettiamo che ci siano altri morti per invertire la rotta.