MESSINA – La III Commissione consiliare, presieduta dal consigliere Emilia Rotondo, è tornata a parlare di un’opera fondamentale per la salvaguardia dell’ambiente e di chi, ormai anni fa, ha a lungo lottato per portarla a termine. Si tratta dei dissuasori contro la pesca a strascico, sistemati nel febbraio 2021 dopo un iter lungo e complesso, che ha visto protagonista la precedente amministrazione e che ha compiuto il sogno di Peppe Sanò, ex consigliere della VI Circoscrizione, tragicamente scomparso a maggio 2020.
La sua lunga battaglia, durata anni, ha avuto al centro la difesa del mare e dei fondali, cioè di quell’ecosistema caratteristico che fa delle coste di Capo Peloro un ambiente unico nel suo genere. E dopo anni di lotte, dal febbraio 2021 non si può più pescare, grazie ai dissuasori posti e voluti dall’assessore alle politiche del mare Dafne Musolino, oggi presente in aula. Un progetto vincente, di cui si è discusso proprio nel ricordo di Sanò, a cui verrà dedicata una targa proprio a Torre Faro, dove inizia l’area interessata dall’opera. Si attendono i dati elaborati dall’Università di Messina, partner dell’iniziativa, che monitora i fondali.
Dafne Musolino, con al proprio fianco il Rup del progetto, l’architetto Francesco Falcone, ha spiegato cos’è successo in questi anni: “Quando questo progetto è stato ideato dall’ex consigliere Peppe Sanò c’è stata divisione, perché mentre alcuni hanno applaudito all’idea, altri l’hanno vista come una minaccia alla pesca. Nel 2018 Sanò si è presentato da me chiedendomi di portare avanti questo progetto. E non si tratta solo del posizionamento di dissuasori e tane per la ripopolazione della fauna ittica, ma c’è anche il divieto di 5 anni per la pesca. Sicuramente i benefici sono più dei sacrifici. La tutela ambientale non è solo repressione e messa in sicurezza, ma anche prevenzione, in cui ci si ferma e si salvaguarda l’ecosistema”.
L’assessore ha poi raccontato del caso del maggio 2021, quando un pescatore ha ignorato i divieti ed è incappato nei dissuasori, auto-costringendosi a denunciarsi per recuperare la rete, ormai distrutta. Il progetto è costato “circa 300mila euro”, ma ora dal Comune si attende di capire se e quanti fondi possano arrivare in più dalla distribuzione da parte della Regione delle somme stanziate in Sicilia e non utilizzate. “Sappiamo che alcune risorse torneranno indietro a livello regionale, ma rispetto ad esempio a Trapani sappiamo già come muoverci. La preparazione è stata impegnativa e ha coinvolto molti diversi attori. Ma siamo pronti, bisogna solo aspettare”.