“Era necessaria la previa consultazione dell’Organismo (di partenariato della risorsa mare, ndr), atteso che la divisione dell’approdo e la creazione di due terminal appare ictu oculi di tale rilevanza da dover essere soggetta ad un confronto con i portatori di interesse così come individuati dalle norme citate”. E poi l’Autorità Portuale “opererà di intesa con l’Amministrazione comunale”.
Il Tar di Catania, con le due sentenze 1001/2022 e 1002/2022 del 6 aprile 2022, ha accolto il ricorso di Caronte e Tourist contro l’aggiudicazione della rada San Francesco, “sostenendo l’unicità storica della Rada e prospettando i seri problemi che la suddivisione dell’approdo in due parti avrebbe certamente provocato, in termini di fluidità delle operazioni portuali con refluenze – a cascata – sul traffico e la viabilità in città”.
Ma non è su questo che il ricorso ha trovato accoglimento, anzi il Tar ha riconosciuto ampia discrezionalità all’Autorità Portuale, ma su un difetto di istruttoria per non aver coinvolto l’Organismo di partenariato della risorsa mare e il Comune di Messina.
“Le ordinanze del Tar – commenta l’Autorità Portuale – censurano esclusivamente alcuni aspetti procedurali evidenziando la mancanza dei pareri preliminari sui bandi da parte dell’Organismo di Partenariato e del Comune di Messina che, a nostro avviso, non sono previsti dalla legge che regola il funzionamento dei porti e dai regolamenti per il rilascio delle concessioni demaniali. Il giudice amministrativo ha applicato una interpretazione del quadro normativo che non condividiamo per cui ci riserviamo la possibilità di valutare il ricorso in appello”.
“Nel contempo rileviamo che non sono state invece considerate meritevoli di accoglimento tutte le altre contestazioni avanzate dalla società ricorrente che miravano a demolire l’impostazione della nuova organizzazione della concessione. Nessuna censura quindi relativamente alla divisione dell’impianto in due terminal, al fine di consentire la concorrenza tra operatori; al riconoscimento dell’attività di supporto al traghettamento come un’operazione portuale; al divieto di consentire il passaggio di mezzi pesanti al di fuori delle sole situazioni di blocco per inoperatività degli approdi di Tremestieri diversamente da quanto avviene oggi. Anche la contestazione che la separazione dei terminal possa danneggiare l’operatività delle navi, comportando una inefficienza del traghettamento, non è stata censurata”.
“L’impianto complessivo dei bandi resta quindi tutto confermato e questo consentirà di assicurare nel futuro una migliore gestione degli approdi, che dovranno essere dedicati esclusivamente al traghettamento di passeggeri e mezzi leggeri, e la possibilità di attrarre nuovi armatori ed in generale un potenziamento del numero delle corse nei periodi di intenso traffico tale da ridurre al minimo i tempi di attesa per l’imbarco”.
“I provvedimenti dell’AdSP – si legge in una nota di C&T – sono stati integralmente annullati in accoglimento delle nostre tesi che evidenziavano l’evidente difetto di istruttoria legato in particolare al mancato coinvolgimento del Comune di Messina e dell’Organismo di Partenariato della Risorsa Mare. La sentenza ha riconosciuto sì la competenza dell’AdSP nella gestione delle aree demaniali, ma ha chiarito che l’AdSP non può procedere da sola e senza confrontarsi prima sulle reali esigenze della città di Messina. E in questo caso non c’è stata adeguata attività istruttoria; non è stata né udita né valutata la voce dei portatori di interesse, tra cui anche le imprese, così come pure quella del Comune, principale amministrazione interessata. Siamo ovviamente molto soddisfatti per quella che è una vittoria del buon senso prima che nostra. Avevamo peraltro evidenziato la ‘originalità’ dell’idea che a un aumento delle concessioni potesse corrispondere una fluidificazione dei traffici da attraversamento, dimostrando che invece il raddoppio dei concessionari aumenterebbe le congestioni e i costi a ciò connessi. Non possiamo infine non rilevare che, purtroppo ancora una volta, l’AdSP dello Stretto ha evitato il confronto con i portatori di interesse”.