“Affidare a poche righe l’amarezza di decenni non è semplice, perché nessuna abilità narratoria e descrittiva potrebbe rendere giustizia al senso di impotenza che oramai alberga negli animi di residenti e villeggianti dei paesini rivieraschi della zona Nord della città”. Lo scrive un nostro lettore, l’avvocato Fabio Cucinotta, che vive a San Saba da 42 anni.
Si tratta di una zona a cui Tempostretto ha dedicato parecchie attenzioni.
“Ciò che dovrebbe rappresentare il volano del nostro turismo, il mare, il cui “sfruttamento” dovrebbe essere il primo pensiero di ogni amministrazione che si rispetti, di una città che fa dei suoi quasi 60 km di coste un primato invidiabile, è sempre relegato tra gli ultimi posti nelle priorità amministrative”.
Continua l’avvocato Cucinotta: “Paesi come San Saba, a cui la natura ha regalato tramonti da pelle d’oca, sono completamente lasciati all’abbandono e all’incuria. Mai una pattuglia dei vigili urbani a regolare il flusso veicolare, il parcheggio, mai nessuno che controlli che le spiagge vengano lasciate pulite e in ordine. Succede, nei giorni di maggior afflusso verso il mare, che le macchine dei soliti messinesi “più scaltri degli altri” occupino persino gli accessi alla spiaggia, impedendo a coloro che hanno ridotta mobilità di usufruirne. Non c’è uno stallo per disabili e la cura di pochi tratti di lungomare è lasciata alla buona volontà dei paesani”.
Aggiunge il nostro lettore: “Paesani che, mettendo mano al portafogli e rimboccandosi le maniche, abbelliscono i muretti con pitture e mattonelle, piantano alberi e puliscono le spiagge. Si, puliscono le spiagge, perché quello che è stata spacciato come tale (a stagione più che iniziata) è stato un lavoro eseguito con mezzi non idonei, con un setaccio così grande da non raccogliere praticamente nulla, controllato da nessuno. Potrei proseguire con l’assurda e ingiustificata organizzazione dell’attività di svuotamento dei mastelli posizionati sulla spiaggia: perché la spazzatura, spesso maleodorante, resta sui muretti del paese per oltre 24 ore (nella foto)? In buona sostanza, perché non c’è una programmazione pluriennale. Perché sempre tutto è lasciato al caso e all’improvvisazione?”.
E ancora: “Non intendo proseguire oltre perché, invece che un atto d’amore verso queste realtà, sembrerebbe quasi un atto d’accusa verso chi non vigila, non programma, non ascolta; non voglio questo, non serve a nulla. Vorrei poter collaborare con le istituzioni perché questi paesini divengano un laboratorio di idee da esportare su tutto il territorio cittadino. Sono a totale disposizione del nostro nuovo sindaco, se ha voglia di ascoltare”.
Il nostro lettore non vuole accusare ma offrire il proprio punto di vista, cercando un dialogo costruttivo con le istituzioni, a cui spetta l’onere di invertire la rotta e la necessità di avviare un confronto con i cittadini. Confronto che sempre Tempostretto stimolerà, n.d.r.