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Messina Social City, nessuna illegittimità. Il Tar di Catania dà ragione al Comune

Il Comune di Messina vince la prima battaglia legale sulla Messina Social City. Il Tar di Catania ha rigettato il ricorsoche il Comitato Locale di Messina dell’Unione Nazionale Consumatori aveva deposito nello scorso mese di febbraio contro la delibera n.70 del 21 novembre 2018, quella cioè con cui il consiglio comunale votò il contratto di servizio della Messina Social City.

Nel mirino dell’associazione dei consumatori non era finita la nuova agenzia dei servizi sociali in quanto tale, ma l’affidamento dei servizi che fino al 28 febbraio erano appaltati alle cooperative e che invece dal 1 marzo sono passati alla gestione diretta da parte dall’agenzia.

Il primo round

Il Tar di Catania già lo scorso aprile aveva rigettato la richiesta di sospensiva avanzata dal movimento dei consumatori, riservandosi poi di entrare nel merito del ricorso. Adesso però è arrivata anche la sentenza finale. La quarta sezione del Tar di Catania ha rigettato il ricorso e condanna l’associazione a pagare le spese di lite nei confronti del Comune di Messina, calcolate in 1.625,50 euro, più accessori.

Lo ha deciso il Collegio presieduto dal magistrato Giovanni Iannini e composto da Francesco Bruno e Gustavo Giovanni Rosario Cumin, che si è riunito in camera di consiglio lo scorso 9 maggio.

La battaglia legale

Il Comune, difeso dall’avvocato Arturo Merlo, e la Messina Social City, rappresentata e difesa dall’avvocato Raffaele Tommasini, hanno incassato la prima vittoria rispetto ad un ricorso che era stato depositato dal legale Paolo Intilisano e che metteva in discussione la legittimità del contratto di servizio che lo scorso novembre il consiglio comunale aveva votato.

Le contestazioni

Si contestava che nel contratto di servizio non fossero state determinate con chiarezza le prestazioni e l’attività che l’azienda doveva rendere, lasciando i servizi totalmente generici. Il ricorso evidenziava anche all’appello mancava la carta dei servizi, che invece doveva essere allegata al contratto. Una serie di passaggi che secondo l’associazione dei consumatori rendeva l’atto illegittimo, tanto da portare tutti sui tavoli del Tar.

Il contratto di servizio incompleto

Il responso però è stato a favore del Comune su tutti i fronti. Per quanto riguarda il primo punto del ricorso, cioè la “assoluta genericità e mancanza degli elementi di un contratto di servizio”, i magistrati scrivono che il contratto di servizio che deve passare dal voto del consiglio comunale deve disciplinare i rapporti tra ente locale e azienda speciale e «non è dunque soggetto ad una valutazione in termini di determinatezza/indeterminatezza del suo contenuto rispetto all’oggetto dei servizi che l’Azienda speciale dovrà erogare ai cittadini utenti».

Quindi in pratica nel contratto di servizio votato dal consiglio non era necessario esplicitare tutti i servizi che avrebbe svolto la Messina Social City, ma definire bene i rapporti tra Comune e azienda.

Il Comune si è difeso chiedendo ai magistrati di valutare anche gli atti successivi esitati per definire l’erogazione dei servizi e di considerare che in base alla normativa vigente Palazzo Zanca ha poteri di controllo e vigilanza sull’attività della sua azienda speciale e che dunque non condiziona la concreta attività prestazionale da parte di quest’ultima se non con riguardo agli “indirizzi generali” “sugli obiettivi fissati dal consiglio comunale” “di interesse generale e pubblico che l’assunzione e l’esercizio di pubblici servizi sono destinati a soddisfare”.

Secondo il Tar «non è dunque corretto il giudizio di indeterminatezza dell’oggetto dello schema di contratto di servizio che l’Associazione ricorrente pone a base delle censure formulate con il primo motivo di ricorso. Considerato altresì, come ha ben fatto rilevare il Comune intimato nelle proprie difese, che la tesi in ogni caso non considera in alcun modo la circostanza, invece assai rilevante, che non tutti i servizi astrattamente affidabili all’Azienda Speciale erano stati alla stessa già “affidati” in concreto, rendendo quindi lo schema di contratto di servizio approvato con la delibera n. 70 del 21/11/2018 del Consiglio Comunale del Comune di Messina, per forza di cose, un atto parzialmente incompleto, e destinato ad implementarsi in itinere, in relazione alla progressiva presa in carico, da parte dell’Azienda Speciale, di ulteriori singoli servizi fra tutti quelli astrattamente affidabili».

Il caso che era esploso a Palazzo Zanca

Questo è quanto si legge nella sentenza. E probabilmente bisogna inserire in questo passaggio il caos che in questo mese si è scatenato in consiglio comunale per quel contratto di servizio modificato all’insaputa dei consiglieri stessi che l’amministrazione aveva portato in aula. Modifica che per ammissione della dirigente ai servizi sociali Loredana Carrara era stata fatta proprio in funzione di questo ricorso che era in discussione al Tar.

La Carta dei servizi

Sul secondo punto, cioè la mancanza della Carta dei servizi, i magistrati non rilevano alcuna illegittimità, ritenendo che si tratta di uno strumento «che non può essere forgiato prima della presa in carico, da parte dell’Azienda Speciale, dei singoli servizi, e del superamento di un periodo minimo di monitoraggio per riscontrare le criticità di ciascuno cui essa debba ovviare». Secondo la normativa che viene citata, non si rileva alcun obbligo per il Comune di adottare la Carta dei Servizi, in quando ad adottarla dev’essere il soggetto gestore, dunque la Messina Social City.

Nessuna violazione

Per il Tar non vi è stata dunque nessuna violazione da parte del Comune di Messina. E dunque il ricorso è stato rigettato, la procedura è stata ritenuta corretta e il modus operandi dell’amministrazione De Luca vince anche il secondo round di questa battaglia, mettendo la parola fine.

Francesca Stornante