Giuseppe Cannizzaro, esperto in materie economiche e finanziarie, ha analizzato e commentato il recente parere favorevole della Corte dei Conti al piano di riequilibrio del Comune di Messina. Ecco il suo intervento:
La Corte dei Conti ha recentemente pubblicato le motivazioni della decisione con cui ha espresso parere favorevole al nuovo piano di riequilibrio predisposto dagli amministratori del Comune di Messina.
Leggendo le 166 pagine del documento, caratterizzato da numerosi e importanti rilievi, talvolta anche gravi, l’accoglimento del piano da parte della stessa Corte apparirebbe fortemente contraddittorio.
Tuttavia, a ben vedere, tale contraddizione risulta essere soltanto apparente.
I Magistrati contabili hanno infatti ampiamente spiegato di aver voluto agire nel solco dello specifico orientamento giurisprudenziale prevalente, secondo cui “nell’ordinamento vige un vero e proprio principio di favore per il riequilibrio che, nel rigoroso rispetto delle garanzie stabilite, deve essere preferito al dissesto”.
In altri termini, finché non risulta palesemente impossibile intraprendere un percorso verso la strada del risanamento, bisogna tentarle tutte.
E, proprio in merito al concetto di risanamento, occorre evidenziare che la sua effettiva realizzazione si determina, essenzialmente, per effetto delle due seguenti azioni:
Per ciò che riguarda la prima questione, è anzitutto opportuno fare chiarezza sulle confusioni concettuali (probabilmente non casuali) a cui abbiamo frequentemente assistito, tra una formale riduzione delle passività di bilancio (massa passiva) e la effettiva riduzione della massa debitoria, che non sono due grandezze perfettamente sovrapponibili.
Ad esempio, se, come avvenuto nel caso in questione, viene inopportunamente ridotto il FCDE (fondo crediti di dubbia esigibilità), oppure vengono imprudentemente omessi i necessari accantonamenti relativi ad alcune, specifiche categorie di debiti fuori bilancio (come evidenziato dalla Corte), si è formalmente ridotta la massa passiva ma non la massa debitoria effettiva, con l’aggravante di aver al contempo aumentato i rischi finanziari a carico dell’Ente.
Stesso discorso, per fare un altro esempio, se i risparmi derivanti dalle rinegoziazioni dei mutui vengono utilizzati per finanziare generiche passività di bilancio piuttosto che per investimenti (benchè sia legalmente possibile farlo fino al 2025): non si saranno ridotti i debiti ma questi verranno semplicemente spostati in avanti nel tempo.
Così come, ancora, se vengono semplicemente eliminate dai documenti contabili cospicue esposizioni debitorie di una propria partecipata a seguito della sua messa in liquidazione.
Siffatti interventi rappresentano null’altro che mere manovre di carattere squisitamente formale, con ricadute ininfluenti (quando non dannose), rispetto alla necessaria riduzione effettiva dei debiti in capo all’ente.
Fatti salvi, invero, alcuni accordi transattivi intervenuti, anche se in buona parte realizzati utilizzando il fondo di rotazione, cioè contraendo altro debito.
Per ciò che invece riguarda la seconda questione sopra richiamata, per comprendere come stanno davvero le cose basta un “copia e incolla” di quella parte del documento dove la Corte rileva che: “le risorse da reperire per il ripiano della massa passiva derivano da maggiori entrate per euro 29.007.500,00 e da riduzioni di spese per euro 126.095.525,31. Le problematiche più rilevanti sono state riscontrate nel versante delle spese, in merito alle quali si rilevano criticità sull’attendibilità delle previsioni future, tenuto conto del tendenziale aumento delle spese correnti (per questo aspetto si rinvia alle verifiche sugli equilibri di bilancio). Per quanto riguarda le maggiori entrate, invece, si evidenziano perplessità sull’effettiva capacità di riscossione, amplificate dalla mancata considerazione dei rischi di inesigibilità”.
In definitiva il Collegio ritiene, per le motivazioni sopra esposte, non impossibile il risanamento economico del Comune di Messina.
Tuttavia, la stessa Corte esprime al contempo molte riserve sulla reale capacità del piano esaminato di poter raggiungere gli obiettivi di risanamento attesi in quanto viziato, tra l’altro, da stime esageratamente ottimistiche riguardo il futuro andamento del conto economico (flussi in entrata/uscita), nonché da insufficienti accantonamenti a protezione dei rischi futuri che, sempre secondo la Corte, risultano essere stati diffusamente sottostimati nelle relative voci del piano di riequilibrio in questione.
Proprio in ragione di ciò, sono stati prescritti agli amministratori numerosi e rilevanti interventi correttivi, i cui esiti verranno semestralmente monitorati dai Magistrati contabili per tutta la durata del piano, cioè fino al 2033.
A quella data, soltanto allora e se tutto andrà per il meglio, si potrà festeggiare. Come noi tutti, da Cittadini, ci auguriamo che possa effettivamente accadere.
Tutto il resto, com’è a questo punto facile dedurre, è soltanto sterile propaganda.
Una delle ormai consuete e frequenti narrazioni edulcorate e fantasiose, ben più attraenti (ne sono consapevole) della triste e arida verità che, senza pretesa alcuna di esaustività e assolutezza, vi ho voluto emblematicamente descrivere.
Giuseppe Cannizzaro