MESSINA – Per cambiare Messina serve una rivoluzione culturale e sociale. Pensare che basti la pur necessaria repressione, con le sanzioni, significa continuare a guardare il dito e non la luna, per usare una metafora abusata. Solo se il cittadino e la cittadina sentiranno la vicinanza, e l’equità delle istituzioni, non percendole più come nemiche, forse riusciranno a mettersi in discussione e cambierà il loro, il nostro, modo di considerare il territorio e gli spazi comuni.
Nel momento in cui si chiede ai cittadini di cambiare atteggiamento – non posteggiare in doppia fila, usare i servizi pubblici, non gettare i rifiuti in strada, rispettare la città, pagare i tributi – bisogna essere consapevoli che questa non è una città normale, ammesso che ne esistano. Non è una città normale perché è reduce da decenni che l’hanno fatta diventare un’accozzaglia di case prive di bellezza, di verde e mare negati, di abusi edilizi e periferie lasciate a marcire, con tanto di borghesia parassitaria e inconcludente. Senza classi dirigenti, senza spazi aperti al bello e all’armonia del verde, senza un abbattimento delle rigide separazioni tra centro e periferia, senza una rivoluzione democratica e sociale, che possiamo pretendere dagli abitanti di questa terra desolata?
Sia chiaro, questo non significa che non bisogna rispettare le regole. Ma occorre collegarle a una nuova stagione di diritti e doveri in cui chi governa dimostri attenzione alla gradualità dei processi. Occorre governare le transizioni: dai disagi per i lavori ai tanti disservizi, in attesa di progetti risolutivi importanti ma ancora sentiti come lontani, chi amministra deve trasmettere l’idea che il cittadino non è solo. La cura del territorio passa da un’attenzione al singolo. Ecco perché serve una nuova alleanza tra chi governa e i cittadini.
E, poi, non dimentichiamo i problemi sociali: la fame di lavoro, la mancanza di garanzie, l’indigenza e la precarietà, l’emergenza povertà e quella abitativa. Serve una giustizia sociale che proceda in parallelo con una rivoluzione dei diritti e dei doveri. Allora forse sarà più semplice far comprendere l’idea che violare un diritto, ad esempio occupare lo spazio auto riservato a persone con disabilità, sia un attacco a chi è difficoltà e si trova in condizioni di debolezza. Senza la percezione di una maggiore vicinanza delle istituzioni al cittadino/a, ogni cambiamento sarà destinato a fallire.