Gestire, manutenere e valorizzare il patrimonio immobiliare comunale. Nasce per questo, l’11 ottobre 2019, la Patrimonio Messina, una delle nuove società partecipate volute dal sindaco Cateno De Luca, in contrasto con la sua campagna elettorale.
Un anno condizionato da due fattori: la pandemia, che ha bloccato il lavoro per due mesi e oltre; le dimissioni lampo del direttore generale Salvatore Spartà, nominato il 5 agosto e rinunciatario appena due settimane dopo.
L’attività è stata quindi portata avanti dal Consiglio d’amministrazione, composto da Roberto Cicala, Patrizia Rizzo e Domenico Guerrera. Il primo passo è la progettazione di un sistema informativo da integrare con quello del Comune. “Attualmente – si legge nella relazione del primo anno – la gestione degli immobili comunali e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica viene gestita con software sconnessi fra loro e i risultati sono scadentissimi, con la mancanza di fascicoli degli immobili (manca anche l’inventario reale e veritiero di tutti gli immobili comunali) e un servizio di gestione immobili erp che, oltre a non fornire servizi adeguati ai cittadini, ha una percentuale di incasso dei canoni mensili inferiore al 20%”.
Perché la società possa operare a tutti gli effetti, però, è previsto il distacco di personale dai dipartimenti comunali. A febbraio il Cda ha redatto il regolamento per il reclutamento del personale e l’avviso pubblico per la selezione del direttore generale, pubblicato solo a fine maggio dopo lo stop per il coronavirus. “Un periodo – si legge sempre nella relazione – che ha bloccato le operazioni di avvio attività della società”. Nel frattempo si è lavorato alla realizzazione del contratto di servizi per regolamentare il piano di lavoro.
Coronavirus a parte, però, l’attività realizzata in un anno sembra poca. “E’ una società che nasce da zero – dice il presidente Roberto Cicala – e ha bisogno di tempo. Il Comune non ha mai avuto un inventario adeguato dei suoi beni, ogni immobile dovrebbe avere un suo fascicolo con tutti i dati. I primi mesi sono serviti per le attività burocratiche, a gennaio si era iniziato con un nuovo sistema informativo e avevamo fatto la richiesta di distacco personale ma la pandemia ha bloccato tutto”.
Il confinamento da marzo a maggio, ma poi? Il 25 maggio il bando per il nuovo direttore generale, nominato il 5 agosto. Salvatore Spartà ha rassegnato le dimissioni appena due settimane dopo. Perché? “Avevamo una visione diversa della gestione – spiega Cicala -, il direttore avrebbe dovuto rinunciare ai suoi incarichi entro trenta giorni (è funzionario regionale, ndr) ma ha preferito non farlo”.
Cicala resta dunque facente funzioni almeno fino al termine dell’anno. Quali le prossime azioni? “Stiamo iniziando col sistema informativo e il corso ai dipendenti, poi si partirà con l’inventario e la fascicolazione degli immobili con la base in possesso del Comune. Avremo bisogno del personale che ha gestito i servizi finora e di alcune figure tecniche e amministrative, a brevissimo arriverà in cda il piano economico finanziario per poter attingere dal contratto di servizi, che prevedeva 500mila euro per il primo anno per poi arrivare negli anni successivi fino a 2 milioni. Affideremo gli immobili da fascicolare a una lista di professionisti, con evidenza pubblica. Stimiamo che ogni professionista potrà fascicolare circa 200 immobili in un anno”.
Il primo obiettivo, quindi, è di avere un quadro chiaro del patrimonio del Comune. Quanto tempo servirà? “Un anno o poco più – risponde Cicala -, entro la fine del 2021 avremo un inventario strutturato come si deve. Poi partirà la seconda fase, quella della valorizzazione, con l’obiettivo di far conoscere il mercato immobiliare del Comune di Messina”.
Focus, in particolare, sull’edilizia residenziale pubblica. “Il Comune ha circa 1.700 case popolari ma, a fronte di 1 milione e 900mila euro da incassare annualmente, le percentuali di incasso oscillano tra il 27 e il 36 % dell’anno, quindi i soldi non bastano neanche per coprire i costi della manutenzione. Ci sono case occupate da persone che non hanno titoli, lasciate in eredità anche se non ne avrebbero diritto, servono controlli costanti, è un sistema da cambiare. L’obiettivo è di recuperare i canoni pregressi, con rateizzazioni, e di sbloccare la delibera che consente la vendita a prezzi agevolati, compresi tra 15 e 30mila euro, con rate che non differiscono granché da quelle dell’affitto, tra 50 e 150 euro. Acquistare una casa popolare, ad esempio, potrebbe costare 1500 euro all’anno per dieci anni”.
Ma perché il Comune dovrebbe svendere le proprie case? “Per togliersi responsabilità, soprattutto sulla manutenzione”. Le case popolari, in pratica, sono come un servizio sociale, il Comune non guadagna nulla, anzi.
(Marco Ipsale)