MESSINA – Giuseppe Geraci è l’artista che a partire da oggi, 5 marzo, esporrà nella galleria Spazioquattro con la mostra dal titolo “Viaggio nell’immaginario”. Geraci, nato nel 47, è un noto architetto messinese, arredatore d’interni, orafo con la passione per l’arte. É stato uno dei soci fondatori dell’Associazione Culturale “Orientalesicula 7Punto arte” che per cinque anni ha gestito una galleria d’arte a Messina.
Ha una notevole produzione di opere realizzate su tela e su legno. Predilige i grandi formati, le forme geometriche, il colore rosso e, nelle sue opere recenti, applica sulla tela dei fogli sottilissimi d’oro. Alcune delle opere esposte, sono luminose, retroilluminate che aggiungono un effetto tridimensionale al disegno.
Continua l’attività della Galleria Spazioquattro che da sabato 3 marzo, accoglierà nei propri locali le opere, ricche di colori e di geometrie, della mostra “Viaggio nell’immaginario” dell’artista e architetto Giuseppe Geraci. Una ventina di opere, di grande formato, sono i componimenti fantasiosi dell’artista che, con grande maestria progetta con accostamenti geometrici e paesaggi di fantasia che contengono in buona parte foglie d’oro che restituiscono riflessi luminosi di particolare effetto cromatico. La mostra potrà essere visitata fino al 17 marzo nei locali siti in via Ghibellina, 120 a Messina, dal lunedì al sabato dalle ore 17 alle 20 e domenica dalle 10 alle 12:30.
I dipinti dell’architetto messinese Giuseppe Geraci sono il riflesso di una sensibilità assetata di bellezza, una vita trascorsa a maturare un proprio e unico, equilibrio di composizione e colore. E’ importante questa premessa, perché l’artista si è espresso – per professione e per piacere – in molteplici campi creativi e in ognuno ha cercato di rappresentare la medesima visione del mondo. Per comprendere la sua
arte dobbiamo capirlo come uomo. Geraci nasce a Messina nel 1947, la famiglia lo avrebbe voluto medico ma lui, prima ancora di iniziare la scuola primaria, era già convinto che sarebbe diventato architetto. Siamo nella Sicilia del dopoguerra, ancora scossa e segnata dai bombardamenti che hanno devastato un paesaggio di rara suggestione, tra campagne lavorate per millenni, nobili fasti barocchi, decorose e regolari espansioni di case e palazzi della borghesia ottocentesca. C’erano la linearità dell’urbanistica di regime, la gaia e avvolgente leggerezza dell’arte nuova e la ferita delle truppe che la percorsero con fretta e violenza per raggiungere il nord e passare lo Stretto. Essere architetti e non ingegneri come la grande maggioranza di chi operava nell’edilizia e sulle infrastrutture, portava il segno di un amore ancora inespresso verso l’equilibrio, il territorio, il passato e la libertà del presente. C’era una vena romantica nel giovane che volle, ad ogni costo, iscriversi al liceo artistico di Reggio di Calabria.
Due città dirimpettaie, una protesa verso il mare l’altra affacciata sulle acque dello Stretto, entrambe fisicamente sconvolte dalla violenza di un sisma che l’Italia giolittiana non ebbe forza e tempo di riparare. Luoghi dalle memorie terribili ma anche spazi che la mente creativa avrebbe potuto riorganizzare: il liceo era propedeutico alla Facoltà di Architettura, che Geraci frequentò a Palermo e lo avvicinò al professor Roberto Calandra, nel cui studio di architettura il giovane universitario iniziò a lavorare. Da generazioni i Calandra si occupavano dell’edificare ma anche del conservare e la tradizione di famiglia si ricongiungeva a Ernesto Basile, l’architetto in cui si riconobbe l’Italia sabauda e che progettò a Roma l’attuale Parlamento, la nuova ala di Palazzo Montecitorio. Una continuità nelle generazioni, allenata all’equilibrio tra costruzione e bellezza: l’esercizio di una sensibilità che affascinò Giuseppe Geraci, accentuando la parte emotiva, intuitiva e poetica del suo creare.