La decisione dei giudici è stata messa nero su bianco lo scorso 6 ottobre. Appena due giorni dopo rispetto all’udienza che era stata fissata. In prima battuta il giudice si era riservato la decisione. Due giorni dopo il collegio ha scritto il decreto che è stato depositato lunedì e recapitato ai legali ieri mattina. Messinambiente è una società in procedura di concordato preventivo. Con il decreto emesso dalla Seconda sezione civile dell’Ufficio fallimenti del Tribunale di Messina, composto dai magistrati Giuseppe Minutoli, Antonino Orifici e Daniele Carlo Madia, per la società di via Dogali si è ufficialmente aperta una nuova fase che la porterà entro i prossimi 6 mesi, al massimo 8, a trattare con i creditori per l’omologazione del piano. Spetta infatti a chi vanta i debiti nei confronti di Messinambiente stabilire se la proposta avallata dal Tribunale è soddisfacente, un monte debitorio che ammonta a 101 milioni ridotti a 30 milioni che il Comune si è impegnato a coprire con somme che saranno inserite nei bilanci comunali per i prossimi cinque anni. Come spiegano infatti i giudici nel decreto «sono escluse dal sindacato del Tribunale le valutazioni attinenti alla convenienza della proposta e alla meritevolezza del debitore, nonché quelle relative alla fattibilità economica del piano». Ciò su cui il Tribunale si è espresso è «la sussistenza dei requisiti formali e sostanziali della proposta, nonché la fattibilità giuridica del piano, rimettendo poi alla votazione dei creditori qualsiasi valutazione sulla sostenibilità economica di quanto proposto». Saranno dunque Agenzia delle Entrate, Inps e gli altri creditori minori a decidere se questo piano è realmente soddisfacente.
Nel decreto i giudici citano la delibera con cui il consiglio comunale, lo scorso 3 ottobre, in fretta e furia, ha assunto a carico del bilancio comunale i 30 milioni da trasferire a Messinambiente come contributo al concordato. E citano anche la transazione tra Messinambiente e Ato3 «dando ulteriormente atto che nello schema di Bilancio di previsione 2017/2019 è previsto lo stanziamento di 10 milioni di euro». Peccato però che in realtà il consiglio non ha ancora approvato il pilastro finanziario di questa fetta di piano. Si tratta, di fatto, di approvare un debito fuori bilancio che supera i 9 milioni di euro e che probabilmente non avrà vita tanto facile in aula, considerato che si tratta di riconoscere somme che il Comune avrebbe dovuto dare all’Ato3 a titolo di corrispettivo per i servizi di igiene ambientale svolti nel periodo 2007/2011 sulla base di piani industriali regolarmente approvati. E bisogna ricordare che altri 2.360.869 euro sono stati conteggiati come valore correlato all'affitto con opzione di riscatto del complesso dei beni strumentali della società Messinambiente che si intendono trasferire, in una logica di continuità del servizio integrato dei rifiuti, al nuovo soggetto gestore MessinaServizi. In pratica, secondo il concordato, MessinaServizi dovrà pagare 449 mila euro di affitto mezzi per il primo anno, 419 mila per il secondo anno e quasi 1,5 milioni al termine del biennio per riscattare tutto. Un impegno che lega inevitabilmente le due società, anche se è sempre il Comune a garantire la copertura di queste somme.
Per i giudici infatti l’impegno che il Comune si è assunto risulta sufficiente per «affermare che sussiste il presupposto di ammissibilità della proposta senza che emergano elementi di palese infattibilità economica». Inoltre tutta la documentazione correlata al piano soddisfa le esigenze dei giudici e la relazione che attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano non fa emergere lacune o vizi logici. Il collegio scrive che «appare realizzata la causa del concordato e che allo stato è sufficientemente certo il raggiungimento di una percentuale adeguata si soddisfazione del ceto chirografario» e che ci sono tutti i requisiti sostanziali di ammissibilità. Ma c’è un passaggio ancora più dettagliato che i giudici mettono nel decreto: «i beni sono stati stimati nell’ambito di precedente procedura di concordato e l’asseveratore ha reso la sua attestazione in ordine alla possibilità di soddisfazione del ceto privilegiato, pagato solo in parte, nell’ambito di una procedura fallimentare pura». E per le spese della procedura Messinambiente dovrà versare 300 mila euro entro 15 giorni.
Ad occuparsi adesso della seconda fase, iniziata con il decreto tribunalizio, sarà ancora il giudice Giuseppe Minutoli, mentre sono stati confermati i commissari giudiziari Paolo Bastia e Antonino Mazzei. La prossima tappa saliente sarà il 12 gennaio alle ore 11 davanti al giudice Minutoli, quando ci sarà la convocazione dei creditori per la votazione del concordato. I creditori dovranno essere avvisati dai commissari entro il 15 novembre.
Cosa prevede la normativa della Legge fallimentare adesso?
Subito dopo l'ammissione alla procedura di concordato preventivo e prima che su questa siano chiamati a deliberare i creditori, il giudice delegato deve immediatamente annotare il decreto di ammissione sotto l'ultima scrittura dei libri contabili che vengono restituiti al debitore, quindi Messinambiente. I libri devono poi rimanere a disposizione del commissario giudiziale e del giudice delegato. La ragione giustificativa di questa previsione normativa sta nel fatto che l'imprenditore, in questo caso la società, durante l'intera procedura concordataria conserva la sua completa capacità di agire con la piena disponibilità, per quanto concerne l'amministrazione dei suoi beni, nonostante i commissario giudiziale sia chiamato a vigilare sul suo operato e nonostante il compimento degli atti di straordinaria amministrazione, come già anticipato debbano essere autorizzati dal Giudice Delegato. Infatti in questi mesi Messinambiente ha continuato ad operare e continuerà a farlo normalmente fino a quando non avverranno tutti i passaggi verso la MessinaServizi.
Un altro aspetto su cui soffermarsi sono i cosiddetti provvedimenti immediati, cioè tutta quella serie di attività che saranno avviate per raccogliere elementi di conoscenza utili in modo tale da avere una visione esauriente e un quadro più completo possibile della situazione dalla società, così da poter verificare se sussistano margini per una reale fattibilità del piano del debitore.
È il Tribunale che, come abbiamo visto, con il proprio decreto di apertura della procedura stabilisce in quale data si terrà l'adunanza dei creditori e il termine per fornire loro la comunicazione. Una volta fissato il termine per l'adunanza il Commissario deve svolgere tutta una serie di attività: provvede a redigere l'inventario del patrimonio del debitore accompagnato da una relazione sulle cause di dissesto, sulla condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie offerte ai creditori. Il tutto deve essere depositato presso la cancelleria del Tribunale almeno tre giorni prima della data fissata per l'udienza. Se il deposito venisse a mancare la data dell'udienza deve essere rinviata, così da evitare di compromettere il diritto dei creditori ad arrivare in seno all'adunanza stessa con un quadro completo della situazione. Il Commissario in questa fase ha un ruolo complesso. Deve provvedere all'esame delle scritture contabili, dei libri sociali, del ricorso presentato dal debitore, della relazione dell'esperto e dello stato analitico ed estimativo delle attività e passività e poi procede al confronto dei dati contenuti con quanto emerge dalle risposte ricevute dai creditori, ai quali viene precedentemente richiesto di precisare crediti e privilegi eventualmente esistenti.
Saranno questi i passaggi da compiere entro il prossimo 12 gennaio.
Francesca Stornante