Messina – Ci sono troppe ombre sulla morte di un 29enne messinese avvenuta nel carcere di Catanzaro nella tarda serata di ieri. Perché i certificati medici parlano di arresto cardiaco ma secondo la mamma è stato picchiato, lo dimostrerebbero le foto. Ma soprattutto secondo il suo avvocato non avrebbe mai dovuto stare in carcere. Perché il ragazzo, detenuto per droga, una lunga fedina penale, era tossicodipendente, aveva problemi psichiatrici e più volte il legale ha provato ad avvicinarlo alla famiglia e assicurargli le cure, ma senza riuscirci. “Chiediamo che sia fatta chiarezza sia sulla sua morte – spiega l’avvocato Pietro Ruggeri – sia sul perché questa tragedia non è stata evitata. Sono rimaste inascoltate le nostre istanze e anziché essere curato il ragazzo è stato trasferito di carcere in carcere, la sua situazione è andata peggiorando fino al tragico epilogo”.
Il caso del 29enne messinese del quartiere Giostra scoppia nel giorno in cui monta la polemica sulle dichiarazioni del sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro che, alla presentazione a Roma di una nuova auto per il trasporto dei detenuti al carcere duro avrebbe detto: “Non lasciamo respirare chi è dietro quel vetro”. Ed è tragicamente esemplificativo di quelle che sono le emergenze del carcere oggi, in primis appunto il problema della droga dietro le sbarre e della detenzione di coloro i quali invece in carcere non dovrebbero starci.
Questo sarebbe, secondo la famiglia, quel è accaduto al 29enne messinese. Diversi precedenti per droga, una vita consumata dietro le sbarre più che a piede libero, il ragazzo era tossicodipendente ed aveva problemi psichiatrici. Per questo a più riprese l’avvocato Ruggeri ha presentato istanze per ottenere i domiciliari, o quanto meno l’avvicinamento alla madre a Messina, e la possibilità di ottenere cure psichiatriche. Tutte respinte dai diversi giudici che si sono occupati di lui. Perché in questi anni il 29enne è stato anche trasferito di penitenziario in penitenziario: da Trapani a Palermo, da Palermo a Rossano, da Rossano a Catanzaro.
E’ qui che ieri sera il legale è stato avvisato che il giovane era morto. Arresto cardiaco o abuso di sostanze stupefacenti, dicono i certificati medici redatti. Ma la scena che la madre si è trovata davanti, andando stamane a recuperare il corpo, dipingerebbe un quadro ben diverso. L’uomo è letteralmente ricoperto di echimosi, lividi e ferite, dal capo agli arti inferiori, passando per il busto. La donna ha scattato quasi 60 fotografie, che l’avvocato Ruggeri allega alla denuncia: “Chiediamo che sia fatta luce su quello che è accaduto ieri in carcere – spiega – ma anche sulla trafila giudiziaria di questi ultimi anni e le cure negate. E’ possibile morire di overdose in carcere?”. L’ultima istanza del legale è stata respinta a dicembre 2023, dopo essere rimasta sul tavolo del giudice, tra tempi decisori ed errori di notifica, diversi mesi.