Ci eravamo dati dieci minuti di tempo ma era scommessa da vincere facile. “E vogliono fare il Ponte” era il commento atteso alla notizia del fermo dei lavori sul viadotto Ritiro, smentita dall’azienda Toto mentre la Uil parla di ranghi ridotti e il Cas conferma la regolare prosecuzione. Nella speranza che le opere possano concludersi, anche perché siamo davvero alle battute finali, torniamo ad analizzare il comportamento sociale di quei messinesi che sembravano non aspettare altro per poter affermare tronfi “l’avevo detto io”.
Di minuti ce ne sono voluti anche meno di dieci, basta guardare la nostra pagina Facebook per trovare diversi commenti prevedibili.
Purtroppo, è un dato di fatto, in Italia, ma ancor più al Sud e forse ancor più a Messina, i cantieri subiscono continui intoppi e i tempi previsti vengono rispettati raramente. Fermo restando che lievi ritardi sono fisiologici, tanto da considerare in ogni appalto la voce “imprevisti”, la storia narra di alcune opere diventate odissee: lo stadio Franco Scoglio, il Palacultura, lo svincolo di Giostra. Dovevano essere realizzate in quattro o cinque anni, tempi normali in altre parti del mondo, da noi sono serviti vent’anni o più.
Lamentarsi dei ritardi è giusto. Non per questo, però, ci si deve rassegnare. Il malcostume va combattuto, non accettato. E, soprattutto, non si può per questo pensare di non fare nulla. Per alcuni lo stadio sarà scomodo, per altri il Palacultura sarà brutto, per altri ancora lo svincolo di Giostra sarà tortuoso. Ma sono infrastrutture utili per una città che ne ha un disperato bisogno. I cantieri portano disagi, è inevitabile, ma non per questo non si devono aprire. Sono un “male” da sopportare in vista di un bene futuro. Nelle città vive, quelle in cui girano economia e benessere, è un pullulare di cantieri.
Sarebbe forse stato meglio non costruire lo stadio, il Palacultura o lo svincolo di Giostra? Certamente no. Anzi, bisogna fare ancora tanto altro. A Messina, per anni, si è fatto poco o nulla e in parte anche per questo la città è rimasta ferma mentre altrove si progrediva. 280mila abitanti negli anni ‘80, oggi 220mila con tendenza a proseguire verso il basso.
Le opere pubbliche producono economia e migliorano la vita dei cittadini. Un piccolo passo avanti, ad esempio, lo faremo con la via don Blasco. Anche lì i ritardi non mancano (più contenuti rispetto ad altre opere) ma a giorni (anche se la data è stata più volte rimandata) dovremmo finalmente poter usufruire di un tratto continuativo di due chilometri che sarà un’alternativa alla congestionata via La Farina.
Messina soffre la mancanza di strade: solo due a sud (via Consolare Valeria e la strada statale 114) e solo due a nord (via Consolare Pompea e la strada Panoramica dello Stretto). Ma, tra le due, è più penalizzata la zona nord perché non c’è neanche la tangenziale, che arriva fino a Giostra e, tramite le gallerie San Jachiddu, all’Annunziata. Ecco perché sulla riviera nord, fino a Ganzirri e Torre Faro, si creano spesso code.
Eppure le soluzioni ci sarebbero: a sud la via del mare, che da decenni rimane un progetto su carta (di recente aggiornato per il tratto Contesse – Tremestieri), a nord la strada Annunziata – Pace, che è ancora solo uno studio di fattibilità. Oppure, volendo pensare più in grande, c’è anche il progetto per la tangenziale nord, da Giostra a Torre Faro, che è inserito tra le opere funzionali nel progetto del Ponte sullo Stretto. Si potrebbe realizzare anche senza ponte, in teoria, ma il costo è elevato (400 milioni) e si scontra con le proteste degli ambientalisti: poco più di 10 km, a monte della Panoramica, di cui il 65 % (6.850 metri) in galleria, il 15 % (1.545 metri) in viadotti e il rimanente 15 % all’aperto (mezza costa, trincea, rilevato), con svincoli intermedi a Curcuraci e Ganzirri, 5 gallerie, di cui 4 naturali (Faro Superiore, Balena, Le Fosse e Serrazzo), una artificiale (Balena) e 5 viadotti (Pantano, Curcuraci, Pace, Ciccia e Annunziata).
Un progetto certamente non a basso impatto ambientale ma neppure superiore, ad esempio, ai 42 km (di cui 37 in galleria) del raddoppio ferroviario Giampilieri – Fiumefreddo, sulla Messina – Catania, i cui lavori sono iniziati da poco e su cui non si sono registrate grandi opposizioni se non quelle dei Comuni che hanno chiesto alcune modifiche di tracciato.
Una terza strada in zona nord, che sia la “piccola” Annunziata – Pace o la “grande” tangenziale, o meglio ancora entrambe, è comunque necessaria per consentire collegamenti adeguati da e verso il centro città, soprattutto se si pensa che lì si trova l’ospedale Papardo, il secondo della città, e a volte le ambulanze restano imbottigliate nel traffico. Né l’ipotizzata Metromare faciliterebbe i collegamenti in tal senso perché è impensabile possa servire per trasporti d’urgenza. Così, se è vero che in teoria un ospedale è più importante di una strada o di un ponte, è anche vero che la strada e/o il ponte diventano altrettanto importanti per raggiungere velocemente gli ospedali e anche altri luoghi.
Ecco perché è benaltrismo dire che servono prima gli ospedali delle strade: servono contemporaneamente entrambi, soprattutto in un territorio che ne è carente, a maggior ragione visto che le opere pubbliche non si realizzano da un giorno all’altro. Né i ritardi, le infiltrazioni mafiose, i disagi possono essere una giustificazione per non fare. Anzi, sono uno sprone a impegnarsi per combattere il malcostume e dimostrare che anche in Sicilia le cose buone si possono fare. Sempre che vogliamo si cambi in meglio.