Noi ne parlavamo già da luglio, all’indomani dei devastanti incendi che hanno polverizzato gran parte della cintura di verde che caratterizzava le colline alle spalle della città. Il rischio idrogeologico è una naturale conseguenza degli atti criminali portati a termine da soggetti senza scrupoli che andrebbero assicurati alla giustizia per l’enorme danno ambientale arrecato.
Poi se questi incendi vanno a colpire rilievi dalla morfologia giovane e molto delicata, già avvezzi all’erosione naturale, la frittata è fatta. Oggi, con l’arrivo delle prime “normali” piogge settembrine, si iniziano a pagare le conseguenze in diversi rioni della città. Cominciando proprio dalla frazione di San Michele, una delle più interessate dagli incendi, che oggi ad ogni pioggia deve farsi carico dell’improvvisa piena del torrente, per l’accumulo di una enorme quantità di materiale detritico che dalla cresta delle colline scivola a valle ad ogni singolo evento precipitativo di moderata o forte intensità.
Ieri in totale si sono registrati accumuli di 30-40 mm, un valore non proprio abbondante per il periodo visto che spesso in questo periodo si possono verificare nubifragi particolarmente violenti che possono scaricare quantitativi di oltre 80-100 mm. Il nostro territorio collinare oggi è stato messo in ginocchio. I devastanti roghi dello scorso luglio hanno cancellando ogni traccia di vegetazione, dal versante sud del monte Ciccia fino alle vallate dei più popolosi rioni di Messina, come quelli di Giostra e dell’Annunziata hanno favorito la formazione di uno strato di cenere finissima che rende momentaneamente impermeabile la superficie del suolo in occasione di forti precipitazioni, come quelle che caratterizzano il periodo autunnale, da settembre a novembre.
Quando un violento temporale o un nubifragio si abbatte su un’area vulnerata da un gigantesco incendio, come la vallata di San Michele o quella dell’Annunziata, lo strato di cenere accumulato in superficie, rendendo il terreno impermeabile, permette lo scorrimento superficiale delle acque piovane e l'innesco di fenomeni erosivi che modificano le condizioni di stabilità, fino ad innescare movimenti franosi o colate di fango che si precipitano a valle, generalmente prendendo vie preferenziali, come il letto di una fiumara. Specie nelle zone caratterizzate da una forte “acclività”, una pecularietà di tutti i fondovalle dei Peloritani, da sud a nord. E finora è andata bene visto che ancora non abbiamo assistito al passaggio di perturbazioni autunnali “cattive”, come quelle portate dallo scirocco o prodotte dalle classiche “linee di convergenza venti” che risalgono l’area dei Peloritani e lo Stretto di Messina, portando fenomeni temporaleschi particolarmente violenti, in grado di scaricare una enorme quantità di pioggia nel giro di pochissime ore (200-300 mm).
Daniele Ingemi