“Lo spezzatino della signora Elena è magnifico, è la gioia del mercoledì, mio figlio di 4 anni quando lo mangia mi dice: mamma, adesso sì che ho il pancino pieno”. Metti in circolo il “bene”, metti in circolo la solidarietà e anche il volto di Messina sembra cambiare. Così, se una notte d’inverno, quando il gelo del Campanile sembra persino più mite di quello di una battaglia contro i licenziamenti, a dar conforto e calore agli ex Servirail che combattono contro i mulini al vento, sono i responsabili della Mensa di Sant’Antonio quel gesto resta scolpito nella memoria del cuore e non va più via. Mette semi che anni dopo, quando, grazie all’impegno di chi non si è arreso ed ha sposato la battaglia con ruoli diversi, gli ex Servirail firmano un contratto a tempo indeterminato con le Ferrovie arriva il momento del grazie, l’ora di rimettere in circolo la solidarietà, perché la vita è una ruota che gira e non si ferma mai. Così ieri pomeriggio alla Mensa di Sant’Antonio i 450 ospiti si sono visti accogliere e servire, oltre che dai volontari, anche da 18 ex Servirail, quelli che chiamavamo “i cuccettisti”, quelli che l’azienda ha cancellato con un colpo di spugna insieme ai treni notti del Sud, quelli che persino all’interno della stessa azienda sono stati eliminati per primi mentre i colleghi di Torino, Milano, Roma, trovavano subito una comoda sistemazione. La signora Elena, l’angelo biondo, Elena Donato, all’ingresso della Mensa accoglie tutti, conosce tutti e tra una chiacchiera e una carezza compila le tessere di quelle famiglie di “nuovi poveri” che non si siedono ai tavoli ma stanno seduti ad aspettare che 120 volontari (70 per ogni turno) portino loro quelle buste che sono il tesoro più grande. Lo spezzatino lei lo cucina il mercoledì, ed a fatica, la mensa cerca di garantire la carne il più possibile. Ieri sera si mangiava pesce, grazie al dono di qualcuno. In cucina, tra i fornelli, ed in sala, tra i tavoli a servire, c'erano gli ex Servirail con i grembiuli della Mensa che i padri rogazionisti, padre Mario Magro, gli instancabili volontari, uomini, donne, ed anche chi semplicemente fornisce il cibo o dà un contributo, garantisce quel pasto che Messina ormai non riesce più a dare. Sorridono commossi ricordando quella notte buia quando l’angelo biondo e i suoi colleghi hanno dato loro quel calore che sembrava spento. Se il bene va in circolo raddoppia l’energia per combattere. Loro, i 18, hanno anche dato un contributo alla Mensa ed alla fine c’era anche la torta che simboleggia una battaglia vinta pensando anche a quelli che nei prossimi mesi si apprestano a tagliare il traguardo, ma non si deve abbassare la guardia. “Grazie Messina” c’è scritto nella torta con l’immagine indelebile di quel Campanile dove hanno trascorso 40 giorni e 40 notti lottando con le unghie e con i denti per una battaglia che altri credevano persa. Grazie Messina perché alla fine è in questi momenti che si capisce chi sono i “fratelli”. Gli ex Servirail hanno voluto ieri sera solo pochissime persone, le stesse che non hanno fatto passerella o vetrina in quei mesi, ma nel silenzio si sono impegnati, senza arrendersi ed hanno semplicemente svolto il loro ruolo fino in fondo. A volte anche senza riuscire a vestire altri abiti che non quelli dei cuccettisti e sentendo sulla loro pelle la pioggia che all’improvviso si è abbattuta sul vicino. Presenti al momento del grazie Michele Barresi, sindacalista dell’Orsa che con i Servirail ha diviso amarezza e rabbia, sdegno e speranza e che ha battuto i pugni su tutti i tavoli possibili “dobbiamo pensare ancora a chi sta indietro e tenerci la mano”, Enzo Garofalo, che non si è mai stancato di lottare nelle sedi istituzionali per ottenere per la sua terra e per i lavoratori quel posto che adesso, pian piano, stanno conquistando i Servirail “ci sono impegni che vengono mantenuti”. Loro c’erano, spesso senza fare comunicati stampa ma fatti. Mancava ieri per un impedimento l’arcivescovo La Piana che in quelle settimane ha fatto molto più di quel che si pensa (e non mi riferisco alle preghiere). Mentre intorno tutti salivano sul carro della vertenza c’era chi appunto lavorava perché venisse risolta. E ieri era lì, in quell’insolito luogo per fare un brindisi ma non esiste altro luogo più consono di quello, che è la culla della speranza. Alla Mensa hanno donato anche un libro sul Campanile del Duomo, simbolo di una Messina che ha saputo combattere tutte le guerre. “Non pensavamo che fosse così- ha commentato Barresi dopo due ore di turno in cucina- la vostra è una guerra quotidiana che affrontate con un sorriso ed una forza straordinaria”. Se non c’è la carne spunta sempre qualche angelo che porta altro. E ieri c’erano pure i torroncini. Non ci sono resse né liti, gli ospiti aspettano con compostezza e soprattutto le famiglie che portano via le buste hanno lo sguardo di chi spera che sia solo una parentesi e che la vita un giorno continuerà a vivere. Nel consegnare il libro i Servirail si sono commossi leggendo una dedica che non è solo il Grazie di chi ce l’ha fatta anche perché qualcuno gli ha sorriso, ma è molto di più, è il sapere che mentre noi siamo a casa c’è chi continua a pensare a chi è rimasto indietro. E non sono supereroi, sono persone normali, che lasciano a casa i propri figli e mariti e indossano il grembiule di chi “serve”, ovvero è utile agli altri. Serve la solidarietà e i ragazzi commossi che di fronte alla torta non hanno saputo nascondere gli occhi lucidi, lo sanno bene. La commozione di una piccola grande battaglia ha riscaldato il cuore di tutti, dei volontari, di chi è stato accanto ai Servirail e di quei lavoratori che hanno tenuto la testa alta anche quando tutti gliela volevano fare calare. Ma non illudiamoci, la Mensa non è il Paese dei balocchi, perché non ci si può lavare la coscienza pensando che “tanto ci pensano altri”. Il cibo e i contributi non bastano mai anche perché gli ospiti aumentano. Da aprile ci sono quelli del Palanebiolo e di Bisconte che ormai hanno una tappa fissa la sera, prima di rientrare là dove comunque c’è il pasto. Allora i responsabili di Sant’Antonio hanno chiesto di razionalizzare la cosa. Non chiuderanno mai la porta a nessuno ma quel che chiedono, ad esempio, è che se avanzano quei pasti al Palanebiolo che i migranti lasciano perché si recano in questa mensa, loro sono pronti a utilizzarli. Oppure la prefettura potrebbe fare il modo di trovare la soluzione migliore. La Mensa di Sant’Antonio non chiuderà mai le porte a nessuno, quel che chiedono è che i messinesi non chiudano le porte del cuore. Non si va a servire solo a Natale o a Capodanno. La Mensa funziona 365 giorni su 365, col sole e con la pioggia, quando c’è la carne e quando non c’è, quando ci sono le patate e quando non c’è neanche un pezzettino di pollo, quando ci sono i volontari della “festa” e quando sono scomparsi tutti.
Ma ieri era la sera del Grazie, e noi che c’eravamo, anche noi di Tempostretto, io e Francesca Stornante, ci siamo uniti in quella parola così poco usata, perché da questa storia abbiamo imparato una lezione: nessuno è solo e se metti in circolo la solidarietà e copri con il tuo mantello chi resta indietro, prima o poi quel calore lo sentirai anche tu. Iniziare il 2015 con la speranza che si fa fatto compiuto è il miglior modo di salutare il nuovo anno.
Rosaria Brancato