Gentilissima Direttora, complimenti per il suo editoriale di grandissima attualità e che ho letto con grande interesse.
Le scrivo come genitore di due figli che vivono e lavorano fuori Messina.
Sono in gran parte d’accordo con lei, eccetto in alcuni punti, a cominciare dal titolo in quanto non considero la mia famiglia spezzata ma soltanto lontana.
Non credo che Messina debba necessariamente essere il posto migliore dove vivere, lavorare e morire soltanto perché nati messinesi.
Non credo che la granita al caffè con panna e la focaccia siano il cibo degli dei.
Al contrario credo che dobbiamo tutti insieme superare un atteggiamento di fatalismo e provincialismo in merito alla questione della fuga dei cervelli e pensare invece che partire, per i nostri figli, possa essere un forte stimolo di curiosità e rappresenti una delle opportunità culturali legate al nostro tempo (cosiddetta generazione Erasmus). In Europa, infatti, ci si sposta sempre più facilmente da un paese all’altro, giusto per la voglia di conoscere le lingue e i coetanei di un altro paese; insomma, per abbattere le barriere culturali e fisiche del dopoguerra, proprio adesso che un certo populismo e la politica della chiusura stanno prendendo il sopravvento.
Sono molto orgoglioso dei messinesi che vivono e lavorano fuori con grande successo (potrei fare una lunga lista di amici e conoscenti che si fanno apprezzare ad altissimi livelli in Italia e all’estero), come credo che Messina debba diventare a sua volta un polo di attrazione culturale e lavorativa per giovani provenienti da altri paesi e che, l’Università principalmente si possa fare protagonista di un rinnovamento generale per la nostra realtà cittadina.
Sono ancora più d’accordo con la sua riflessione finale sulla necessità di spezzare le catene della casta e delle raccomandazioni che mantengono la città ai livelli di mediocrità che tutti conosciamo.
E per concludere, solo seguendo i miei figli ho imparato ad apprezzare la bouillabaisse marsigliese, le Käsespätzle tedesche, il pastis (come si fa a rinunciare al pastis una volta apprezzato) e perfino lo stocco genovese che non ha nulla da invidiare alla nostra ghiotta.
E se il su giornale si facesse promotore di un dibattito su questo argomento?
Dott. Giuseppe Turiano
Ndr- La ringrazio per la lettera che pubblico volentieri e accolgo anche la sua proposta invitando i lettori a partecipare al dibattito su questo tema. Anche io la penso come lei, e vorrei che davvero per tutti i nostri figli messinesi andar via e crescere fosse una libera scelta e non una strada obbligata. Vorrei che tutti quelli che vanno via avessero nel cuore la gioia di aver fatto una scelta di crescita consapevole e non l’amarezza di non aver avuto quelle opportunità che altri hanno. Vorrei infine, come giustamente lei ha scritto cogliendo il senso della mia rubrica, che l’Università diventasse protagonista di una crescita tale da trasformare Messina in un polo d’attrazione. Quando un giorno figli di Modena piuttosto che Bologna, Trento, Lecce, Parigi, verranno a studiare qui o a far ricerca qui, a portare talenti qui, potremo essere certi di aver raggiunto il traguardo che vogliamo. Rosaria Brancato