“Strutture fallimentari e prive di fondamenti giuridici”, così ha definito gli Hotspot il deputato del Movimento 5 Stelle Francesco D’Uva durante la conferenza stampa di questa mattinata a Palazzo Zanca. Ma il “no” dei pentastellati non riguarda solo lo specifico caso dell’Hotspot di Messina ma è un rifiuto dell’intera linea politica adottata dal Governo in tema immigrazione. I cosiddetti Hotspot, ovvero i centri di prima accoglienza dove i migranti dovrebbero essere identificati e divisi tra coloro che possono ricevere lo status di rifugiato e gli immigrati irregolari da rimpatriare, si sono presto rivelati dei centri di “detenzione amministrativa – come ha dichiarato lo stesso D’Uva – dove i migranti vivono spesso ammassati, in condizioni igienico-sanitarie precarie e privati dei loro diritti”. Inoltre D’Uva ha ribadito le posizioni del Movimento riguardo l’immigrazione, con la proposta del superamento della Convenzione di Dublino, la quale stabilisce che il Paese d’ingresso del migrante nell’Unione Europea debba occuparsi della domanda d’asilo, in favore di una vera e più equa distribuzione dei richiedenti asilo tra gli Stati dell’Unione, cosa che fino ad ora è rimasta solo sulla carta: “solo 4.000 su 40.000 rifugiati sono stati distribuiti nei Paesi dell’Unione” ha spiegato D’Uva.
Scendendo nello specifico, gli attivisti 5Stelle Messinesi, Gianluca Novak e Grazia D’Angelo, hanno spiegato la loro opposizione alla realizzazione del centro d’accoglienza che dovrà sorgere nella ex-caserma di Bisconte – Cataratti, soprattutto appellandosi a motivi logistici, strutturali e sociali; annunciando anche una raccolta firme a partire dal 22 Aprile, nelle maggiori piazze di Messina, per presentare il simbolico NO dei cittadini al Governo per la realizzazione del centro.
Innanzitutto, tralasciando la poca trasparenza che circonda la modalità di gestione dei centri, la caserma dove dovrebbe sorgere l’Hotspot è una struttura piuttosto fatiscente e non adatta a ospitare i 2.800 migranti, non contando il personale del centro, previsti; anche se sui numeri degli ospitati ci sono ancora diversi dubbi non chiariti dal Governo.
In secondo luogo è lontana dal mare e per questo bisognerebbe pensare anche a delle modalità di trasporto dal porto (dove dovrebbero anche sorgere dei moduli per la primissima accoglienza) alla caserma; il tutto attraverso un’unica strada di accesso, ed anche di fuga: la via Comunale Bisconte, la quale serve i già popolosi villaggi di Bisconte e Catarratti. La strada tra l’altro, ha spiegato l’Ing. Sergio Bruno, intervenuto anch’egli alla conferenza: “è occupata per tre quarti da un torrente scoperto e per un quarto dal manto stradale, il tutto in una zona a rischio idrogeologico”.
Infine, agli attivisti non sembra per nulla adatto collocare l’Hotspot in quartieri già considerati a rischio sociale con la possibilità che si vengano a creare delle tensioni tra la popolazione e gli ospitati. Inoltre con la creazione degli Hotspot a Messina, ed eventualmente anche a Palermo, si andrebbe ad appesantire ulteriormente la Regione Sicilia, già impegnata nella gestione di altri 3 Hotspot.
Insomma, un tema controverso quello dell’Hotspot sul quale, nonostante l’opposizione di diverse forze politiche e sociali, il Governo non sembra voler fare marcia indietro.
Marco Celi