La Carta di Roma è un protocollo deontologico redatto nel 2008 ed approvato dall'Ordine dei Giornalisti, per aiutare gli addetti ai lavori ad una corretta comunicazione per quanto riguarda il tema dei migranti, dei profughi e dei richiedenti asilo
Raccontare, spiegare e rappresentare, senza cadere in pietismi e cliché. Mantenendo, insomma, intatta la dignità e la privacy delle persone. E’ questo il compito, arduo, di tutti gli addetti alla comunicazione che affrontano il tema dei migranti, dei loro viaggi e delle loro storie. Per dare aiuto ai giornalisti in questo compito delicato è stata redatta nel 2008 la “Carta di Roma”, un codice deontologico che traccia le linee guida per una corretta comunicazione.
Sabato scorso si è svolto a Messina, un corso di formazione indetto dall’Ordine dei Giornalisti, per istruire e sensibilizzare gli addetti ai lavori sul tema delle migrazioni e sul modo corretto di trattarlo mediaticamente evitando luoghi comuni, che spesso celano – anche inconsciamente – retroterra razzisti e xenofobi. L’Assessore ai Servizi Sociali, Antonino Mantineo, l’avvocato del circolo Arci Thomas Sankara, Carmen Cordaro e l’esperta del Comune Clelia Marano – oltre al Sindaco Renato Accorinti – hanno affrontato questo delicato argomento nel corso della giornata di sabato scorso. Fulcro della discussione la “Carta di Roma”, ovvero il protocollo deontologico siglato nel 2008 dall’Ordine dei Giornnalisti, che riguarda i richiedenti asilo, i rifugiati, vittime della tratta e migranti. Nel sito ufficiale dell’ordine dei giornalisti, nella sezione riguardante la Carta di Roma , si può leggere nel dettaglio la genesi di questo importante protocollo che funge da promemoria comportamentale per chi opera nei media:
“Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, condividendo le preoccupazioni dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) circa l’informazione concernente rifugiati, richiedenti asilo, vittime della tratta e migranti, richiamandosi ai dettati deontologici presenti nella Carta dei Doveri del giornalista – con particolare riguardo al dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità e di non discriminare nessuno per la razza, la religione, il sesso, le condizioni fisiche e mentali e le opinioni politiche – ed ai princìpi contenuti nelle norme nazionali ed internazionali sul tema; riconfermando la particolare tutela nei confronti dei minori così come stabilito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dai dettati deontologici della Carta di Treviso e del Vademecum aggiuntivo, invitano, in base al criterio deontologico fondamentale ‘del rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati’ contenuto nell’articolo 2 della Legge istitutiva dell’Ordine, i giornalisti italiani a: osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti nel territorio della Repubblica Italiana ed altrove e in particolare”.
Nello specifico la Carta di Roma vincola ad adottare: “termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore ed all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri; Evitare la diffusione di informazioni imprecise. CNOG e FNSI richiamano l’attenzione di tutti i colleghi, e dei responsabili di redazione in particolare, sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti; Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. Inoltre, va tenuto presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto, può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media; Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni”.
Una delle cose più importanti, inoltre, è evitare terminologie inadeguate, volte più all’esclusione e ad erigere forntiere tra un “noi” e un “loro” che all’aderenza alla relatà. Questo vale, ad esempio, per i termini “clandestini” o “extracomunitari”. La narrazione mediatica è di fondamentale importanza nel costruire l’immaginario collettivo di una società su diversi temi, compreso quello, delicatissimo, delle migrazioni e del, cosiddetto, rapporto con “lo straniero”. Come è stato già fatto notare da Alessandro Dal Lago, nel celebre libro edito nel 1994 dal titolo significativo di “Non persone”, spesso il disagio sociale legato ai migranti, la paura dell’aumento della delinquenza come gli stereotipi di inferiorità culturale o la narrazione costruita ad hoc dell’”emergenza” e dell’”invasione”, così come le rappresentazioni pietistiche dei “poveretti” e “indifesi” da aiutare come bambini – precludendo così qualsiasi forma di autonomia e indipendenza – sono favoriti – e spesso fomentati – da una stampa grondante superficialità e luoghi comuni.
Eleonora Corace