6 miliardi per la Gronda, 72 km di nuovo tratto autostradale per alleggerire il traffico di Genova, progetto esecutivo da approvare a breve.
7 miliardi per il terzo valico dei Giovi, la ferrovia ad alta velocità Genova – Tortona, che consentirà di collegare Genova e Milano in meno di un’ora. Attuale avanzamento lavori al 56 %.
Quasi 1 miliardo e mezzo per il potenziamento del nodo ferroviario, lavori in corso e conclusione prevista nel 2024, e per la linea Genova – Campasso.
1,3 miliardi per la nuova diga foranea (lavori iniziati il mese scorso), 8 miliardi per la rete autostradale ligure (lavori in corso), 1,3 miliardi per infrastrutture e mobilità sostenibile, 700 milioni per il tunnel subportuale (a breve il via ai lavori), 230 milioni per il tunnel Val Fontanabuona.
Investimenti pubblici per oltre 20 miliardi, grandi opere impattanti in un territorio segnato dal crollo del Ponte Morandi, poi ricostruito in un anno e mezzo ad un costo di 200 milioni. Nessuna parte politica in protesta.
Anche la Sicilia, a dire il vero, gode di grandi investimenti pubblici sulle infrastrutture: 2 miliardi per il raddoppio Messina – Catania (lavori finalmente iniziati qualche mese fa), 6 miliardi per il raddoppio Palermo – Catania (lavori iniziati qualche anno fa), 1 miliardo e mezzo per la strada Agrigento – Caltanissetta (lavori alle battute finali), 1 miliardo e mezzo anche per la Catania – Ragusa (lavori appena iniziati).
Non possono bastare perché parliamo della regione più estesa d’Italia, che soffre un grande divario infrastrutturale rispetto al resto del Paese, anche se sono un inizio di miglioramento (tardivo, molto tardivo) rispetto agli anni scorsi.
Ad oggi, ad esempio, è ancora escluso il raddoppio degli 87 km a binario unico, tra Patti e Castelbuono, della Messina – Palermo. Nel corso del recente convegno della Cisl a Messina, tema Ponte sullo Stretto, si sono registrati gli annunci di impegno da parte del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, che ne avrebbe parlato col ministro Matteo Salvini. Vedremo se alle parole seguiranno i fatti.
Il Ponte sullo Stretto, a proposito. Come per tutte le opere pubbliche, causa situazioni mondiali, i costi sono aumentati rispetto a quelli previsti dal progetto del 2011. L’ultima stima, contenuta nel Def (il Documento di economia e finanza) è di 13 miliardi e mezzo. Una cifra sicuramente elevata, e che potrà essere più precisa solo dopo l’eventuale approvazione del progetto esecutivo, ma che non deve fare gridare allo scandalo.
Più del 50 % del totale è destinato alle opere di raccordo, il Ponte in sé dovrebbe avere un costo di circa 4,5 miliardi. Ma bisognerà realizzare grandi opere di collegamento autostradali e ferroviarie sulle due sponde. Su quella messinese la tangenziale nord, 10 chilometri di nuova autostrada da Giostra a Torre Faro, di cui quasi 7 in galleria a monte della Strada Panoramica dello Stretto, fino all’imbocco del Ponte.
Un’opera utilissima a prescindere dal Ponte perché da sempre la zona nord ha solo due strade: la Panoramica, appunto, e la via Consolare Pompea, da Pace ad Annunziata entrambe ad una sola corsia per senso di marcia. Non solo per evitare code in sé ma anche perché è necessario un collegamento veloce con l’ospedale Papardo.
E poi un nuovo passante ferroviario, con fermate sui viali Europa, Annunziata e Papardo, una nuova possibilità di trasporto pubblico già realizzata altrove, ad esempio nella vicina Catania, che ha una sua metropolitana.
Investimenti miliardari, soprattutto in territori arretrati, possono contribuire a generare economia. Se saranno spesi 13 miliardi sullo Stretto di Messina, di cui 4 per il Ponte e 9 per altre infrastrutture connesse, non può essere una cattiva notizia. E non implica che non vengano spesi soldi anche per altre cose.
Dire “No al Ponte, sì alle infrastrutture” è una contraddizione in termini perché il progetto del Ponte comprende proprio una serie di infrastrutture. Legittimo volere un’infrastruttura e non un’altra ma sarebbe bello vedere manifestazioni pro, oltre che contro. Un dettaglio su uno dei “mille sì”, una manifestazione a favore del raddoppio ferroviario Messina – Palermo, per dirne una a caso, senza dimenticare che anche questo avrebbe un alto impatto ambientale.
Così com’è impattante il raddoppio Giampilieri – Fiumefreddo, 37 km su 42 in galleria. Eppure in quel caso non si sono levate voci contrarie (e menomale, visto che sarà utilissimo) mentre tutto si concentra sempre e solo sul Ponte e opere connesse. E dire che il raddoppio Me – Ct farà risparmiare mezz’ora di treno mentre il Ponte ne farebbe risparmiare due, cioè il quadruplo.
L’incubo cantieri non può essere tale, è un “male” da sopportare per un bene futuro, le grandi città europee sono piene di cantieri, segno di economie in movimento. Cantieri che rispettino i tempi prefissati, ovviamente, possibile se realizzati dalle più grandi imprese mondiali. Il Ponte dei Dardanelli, il più lungo a campata unica al mondo, è stato costruito in cinque anni esatti.
Poi il timore che Messina diventi un maxi svincolo. Abbiamo lottato anni perché accadesse e si continua ancora, visto che i lavori del porto di Tremestieri sono fermi. Abbiamo lottato perché le strade del centro di Messina sono da anni solcate dal passaggio di milioni di mezzi in transito sullo Stretto, con tutte le conseguenze negative. E ora temiamo che il passaggio via autostrada escluderebbe Messina? Le fortune della nostra città non dipendono certo da questo, Messina non può diventare città di passaggio per il semplice motivo che lo è già oggi e lo è sempre stata e l’unico modo per cambiare questo stato di cose è puntare su turismo ed eventi, come si sta iniziando a fare, senza alcuna attinenza col progetto del Ponte, che non cambierebbe le cose.
Molti messinesi, in realtà, sono ormai abituati a viaggiare in aereo da Fontanarossa o in treno da Villa San Giovanni, che è da anni la vera stazione centrale di Messina. Ma il cambio di mezzo non è agevole e l’alternativa di viaggiare in treno da Messina non è mai stata valida (oltre due ore di attesa tra arrivo e partenza e il problema non sarebbe risolto neanche nell’ipotesi di riduzione a un’ora), così i siciliani restano esclusi dai collegamenti ferroviari veloci, ormai di gran lunga i preferiti in Italia.
Vince la “sindrome Nimby”, acronimo di not in my backyard, non nel mio giardino. “I soldi del Ponte per le infrastrutture siciliane”: a parte che il Ponte sarebbe un’infrastruttura siciliana, perché non “I soldi della Gronda di Genova per le infrastrutture siciliane?”.