La sperimentazione consiste nel coniugare la danza, la musica, le luci e il teatro classico in un’atmosfera che in principio appare molto inquietante. Il gruppo teatrale “La luna obliqua”, il cui regista è Sasà Neri, è all’avanguardia. Gli attori, tutti giovani, truccati e vestiti in bianco e nero, sono alla ricerca delle sensazioni più recondite della psiche; tramite il coinvolgimento (parlando da vicino, toccando, accarezzando, portando sulla scena) vogliono suscitare la catarsi, ricondurre a memorie dimenticate e anche far scomodare lo spettatore, a togliergli quel senso di sicurezza garantito di solito dalla quarta parete, qui del tutto assente.
Per chi è nuovo a questi sperimentalismi, può risultare difficile riuscire a seguire questo genere di teatro: bisogna dimenticarsi della trama, si punta tutto semmai su un tema – in questo caso il rapporto tra madre e figlio e il tradimento – e all’estetica. Bisogna aver fiducia, lasciarsi coinvolgere. È stato uno spettacolo a episodi, cominciato con un brano tratto da “Lettera a un figlio mai nato”, e il tema della madre che uccide i figli è poi ritornato in seguito con il classico monologo della “Medea” e riferimenti al film “The others” di Amenabar; poi il tradimento di Giuda, visto come tradimento collettivo e dettato dalla gelosia, dal troppo amore; il monologo d’apertura del “Riccardo III”, reso quanto mai inquietante per far risaltare la brutalità di un animo spietato; “Malafemmina” cantato da Alessandra Borgosano e “tradotto” da Gianluca Minissale, i due attori principali del gruppo degli esoscheletri, così chiamati per via del loro genere alternativo, l’Esos theatre.
Questo lavoro dura da tre anni e sta portando molti frutti, partecipando a performance in tutta Italia; il regista, Neri, concede molto spazio all’inventiva degli attori, lasciando che siano trasportati dalle emozioni suscitate dalla musica e dai contatti tra loro stessi e il pubblico.
(Lavinia Consolato)