Gli splendidi spazi museali del Monte di Pietà, con il nuovo allestimento realizzato quest’anno dalla Provincia regionale, si illuminano di luce e di colore con la mostra di Ranieri Wanderlingh, in programma dal 20 ottobre al 4 novembre 2012
Cospicui gli apprezzamenti, testimoniati dai numerosi visitatori, per questa retrospettiva dell’artista messinese nella quale è presentata la “Pop Romantic Art”, una mozione artistica proposta come nuovo tassello nel mosaico dell’arte contemporanea.
Il nuovo stile, si ricollega nella forma alla Pop Art americana, mentre nella sostanza è radicato nel Romanticismo storico europeo.
Il risultato è efficace, come scrive Vincenzo Bonaventura: “Oggi con il suo “pop romantico” Wanderlingh ripropone l’uomo al centro della comunicazione visiva, anticipando (si spera) una nuova tendenza umanistica che forse la crisi del capitalismo potrebbe accentuare e rendere più veloce.”
La mostra, assai godibile e corredata da un volume monografico, comprende circa 50 opere su tela che illustrano, in sintesi, circa venti anni di lavoro dell’artista il quale ha al suo attivo numerose mostre in Italia ed all’estero; sono presentati inoltre alcuni disegni e modelli, ivi compreso quello originale, della “fontana della vita: Bios” realizzata a Messina nel 2005.
Il Pop Romantico, segue al ciclo psicoepressionista proposto dall’artista negli anni 80, come spiega Pasquale Fameli (autore del saggio sulla monografia):“Nella diversa distribuzione che le pulsioni hanno nell’emergere, ecco che dalla metà degli anni Novanta in poi prevalgono quelle positive della sessualità, e l’immaginario wanderlinghiano si rinnova: le torvità piscoespressioniste vengono abbandonate in favore di una gioiosa “rivisitazione” delle soluzioni formali dell’arte primitiva (negra, cicladica, egizia, precolombiana, etc.) attraverso la ritrovata sinuosità del tratto fumettistico. Svincolando il linguaggio Pop dal riporto “tale e quale” Wanderlingh opera un rovesciamento che, parafrasando il culturologo canadese Marshall McLuhan, si potrebbe definire “dal cliché all’archetipo”: anziché operare freddi prelievi alla Roy Lichtenstein da fumetti preesistenti per trasporli in pittura in maniera quasi meccanica, l’artista messinese reinventa un suo personale iconismo fumettistico-primitivista caratterizzato da ampie e brillanti campiture cromatiche. I suoi grandi close-up del 1994 quali Tania o Velia, oppure il più recente Morositas (2012), in cui si avverte forte l’eco matissiana, puntano a ristabilire, attraverso la frontalità dei volti, la flessuosità della sintesi formale e uno spiccato decorativismo, una rivalutazione della soggettività e un recupero del valore umano primigenio”.