cronaca

Morta a 22 anni per l’ospedale negato a Lipari, il caso di Lorenza Famularo approda dal giudice

12 dicembre 2024. Una data che i genitori di Lorenza Famularo. Perché quel giorno il giudice Giuseppe Caristia di Barcellona aprirà l’udienza sul caso di loro figlia, Lorenza Famularo appunto, morta nel 2020 a soli 22 anni e diventata simbolo della battaglia degli eoliani per salvare l’ospedale di Lipari e l’assistenza nelle isole minori in generale.

Di là delle responsabilità penali degli indagati, perciò, il vaglio del primo giudice è atteso anche dagli isolani, da tempo in lotta per il progressivo abbandono del presidio sanitario delle Eolie. Soprattutto dopo il dossier effettuato dai consulenti della Procura generale durante l’inchiesta, che hanno stabilito appunto che una assistenza adeguata avrebbe probabilmente salvato la vita alla ragazza.

Gli indagati

Alla fine dell’inchiesta il Procuratore generale Giuseppe Costa ha chiesto il giudizio immediato per 4 dei sette indagati iniziali, con l’ipotesi di omicidio colposo, escludendo gli altri tre dalle ipotesi di responsabilità. Adesso i sanitari potranno concretamente difendersi, assistiti dagli avvocati Denise Zullo, Ferdinando Amata, Paolo Starvaggi e Rosario Venuto. Si tratta dell’infermiere Antonino Casilli e i medici Giuseppe Antonio Cannata, Angelica Concetta Sequienza, Giovanni Noto.

La lotta per la sanità delle isole

Parteciperanno all’udienza anche i familiari di Lorenza che in questi anni hanno lottato per fare luce sull’intera vicenda, assistiti dagli avvocati Vincenzo La Cava e Nunzio Rosso, e non lasciare che l’inchiesta venisse archiviata, come inizialmente chiesto dalla Procura di Barcellona. La procura generale di Messina ha poi avocato il fascicolo e chiesto nuove indagini alla sezione di polizia giudiziaria dei Carabinieri, non condividendone le conclusioni delle prime consulenze mediche: l’embolia di Lorenza non era affatto impossibile da diagnosticare. Da qui la richiesta di incidente probatorio, che servirà a fissare una volta per tutte questi elementi.

Non si può morire di sanità

“L’isolana Lorenza Famularo non doveva morire, soprattutto non doveva morire di sanità – scrive chiaramente il Procuratore generale sottolineando le condizioni critiche delle strutture assistenziali delle isole e la mancanza di una accurata diagnosi – in un periodo storico unico, connotato dalla virulenza pandemia, nella quale proprio le evidenze e sintomatologie del virus erano caratterizzate da aggressioni al sistema respiratorio e all’apparato polmonare e che nel caso di Lorenza avrebbero dovuto giustificare vieppiù le più accurate e approfondite cautele diagnostiche”.

La causa civile

Agli atti del fascicolo, anche le conclusioni dei consulenti depositate nel processo civile legato a questo caso.Proprio sul piano civile una nuova consulenza, affidati ai dottori Gaetano Signorello e Giovanni Crisafulli incaricati dal Tribunale, ha portato a conclusioni diverse: forse visite più accurate non avrebbero portato ad una diagnosi tempestiva di embolia polmonare. Però un corretto accesso al pronto soccorso avrebbe sicuramente dato il via ad un percorso terapeutico che avrebbe offerto più chance di cura e diagnosi. E’ anzitutto da incolpare, quindi, l’ospedale di Lipari più che i singoli sanitari.

7 giorni di inutili accessi all’ospedale e le “lotte” per essere visitata

La tragedia di Lorenza si consuma in 7 giorni: al ripresentarsi dei primi dolori acuti, la ragazza va al pronto soccorso ma viene rinviata a casa. Niente triage e neppure valutazione documentata anche ai successivi accessi. E anche per una successiva visita, non documentata, è servita l’insistenza di un parente su un medico che si è prestato. Soltanto il 22 agosto, e soltanto per insistenza di un parente presso il cardiologo, soltanto reperibile, Lorenza viene visitata in maniera completa e le vengono infatti prescritti successivi e puntuali approfondimenti diagnostici. Troppo tardi: Lorenza si accascerà a terra, senza forze, quella sera stessa.