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Morti sul lavoro: si combatte una guerra nucleare con le baionette

MESSINA – Morti sul lavoro. Il 13 settembre un nuovo caduto allunga la macabra lista delle vittime: il messinese Mario Angioletti (nella foto), volato via da un ponteggio a Palermo. E l’Inail ha registrato 577 morti sul lavoro nei primi 7 mesi del 2024. In base ai dati di “Vega”, Osservatorio sicurezza sul lavoro, alla fine dei primi sei mesi del 2024, le regioni in zona rossa risultano Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Sicilia, Campania, Emilia-Romagna e Umbria. Regioni con un’incidenza superiore a +25% rispetto alla media nazionale (pari a 15,4 morti sul lavoro ogni milione di lavoratori),

Proprio in Sicilia si rileva, nei primi sette mesi del 2024, un lieve aumento degli infortuni sul lavoro (+1,9%, da 12.675 a 12.924). Aumento in linea con quello nazionale, pari al 1,7%.  Nel settore dell’agricoltura, si registra un aumento del 9.2%. Nell’industria e servizi, un incremento del 5% e in ambito statale l’aumento si attesta al 3% (fonte Ansa Sicilia).

Una priorità? Investire sugli ispettori del lavoro

La sensazione, per usare una metafora bellica in relazione a questo elenco infinito di caduti sul lavoro, è che lo Stato utilizzi la baionetta per contrastare una guerra nucleare. Un ruolo chiave su cui governi nazionali e regionali dovrebbero investire è quello degli ispettori del lavoro. Sottolinea Francesco Lucchesi, della segreteria regionale della Cgil: “Ai 49 ispettori del lavoro nell’isola, più 29 a tempo determinato mandati dall’Inail, se ne sono aggiunti 30, in funzione fino al 31 dicembre 2024. A Messina, invece, ai dieci ispettori del lavoro, più 4 inviati dall’Inail a tempo determinato, se ne sono aggiunti altri due, con scadenza sempre il 31 dicembre 2024. Numero comunque insufficiente rispetto alla mole di lavoro da considerare in base alle aziende dichiarate dalla Camera di commercio”.

Al sud domina ancora la questione meridionale ma la cultura della sicurezza è un tema nazionale

In più, il sud è funestato da lavoro nero e precariato. Arretriamo e gettiamo la spugna senza dignità, come nazione, sul fronte della questione meridionale. E chissà quante morti sul lavoro si potrebbero evitare se ci fosse un’economia sana e non basata sullo sfruttamento. La vecchia questione meridionale è ancora attuale e affrontarla potrebbe essere un argine alla carneficina quotidiana.

Tuttavia, il problema è strutturale a livello nazionale. E non si tratta di un’emergenza. In questo contesto, una priorità è lavorare sulla cultura della sicurezza e sulla formazione. Ma davvero. E non solo a parole.