MESSINA – E’ ad una fase cruciale il processo per la morte di Salvatore D’Agostino, il 16enne di Gaggi morto folgorato nel 2016. Il ragazzino giocava a palla con i compagni, nella piazza di fronte la chiesa del paese, quando ha urtato un faretto della pubblica illuminazione. Il dibattimento, in corso davanti al giudice monocratico, è approdato infatti alle testimonianze, e dopo l’udienza di ieri è stato aggiornato al mese prossimo.
Il giudice infatti sembra voler stringere i tempi, dopo una prima fase che ha subito qualche lungo rinvio. Ieri ha detto no alla richiesta di nominare un nuovo perito tecnico, motivando il rigetto della richiesta con il dato delle diverse consulenze già acquisite e già relazionate in aula dai rispettivi consulenti. Consulenze che indicano proprio lo stato di manutenzione dell’impianto come causa della folgorazione mortatel.
Poi il monocratico ha ascoltato due testimoni della Gemmo spa, l’azienda citata come responsabile civile perché affidataria della manutenzione dell’impianto. Testimoni che hanno chiarito alcuni passaggi legati ai rapporti tra l’impresa e e alcuni lavoratori, e i loro rispettivi ruoli. Si torna in aula il 9 dicembre, adesso, per dare la parola ad altri testimoni, poi si andrà verso la chiusura del dibattimento.
Il processo mira a stabilire se ci sono responsabilità nella morte del ragazzino strappato alla sua famiglia mentre rincorreva un pallone, che tipo di responsabilità e di chi. Imputati per omicidio colposo in concorso sono Susanna Gemmo in quanto legale dell’impresa e il manager Francesco Trimarchi.
La mamma, il padre e la sorella di Salvatore sono parti civili, assistiti dall’avvocato Filippo Pagano. Si sono sempre battuti perché al loro bambino fosse riconosciuta giustizia (leggi qui la loro lettera aperta)