“First Man”: Neil Armstrong e quel “piccolo passo” che portò l’uomo sulla Luna

Neil Armstrong, si dice, fosse uomo riservato e solitario e il lungometraggio parte da questo dato reale per ricostruire, puntando sulla dimensione umana, una vicenda di proporzioni planetarie, e dunque già impressa nella memoria collettiva. Scelta felice, quella del regista Damien Chazelle – già trionfatore agli Oscar 2017 con il musical “La La Land” – di puntare sugli aspetti intimisti, omettendo del tutto retorica e spettacolarità. Ciò detto, e dopo le lodi al filmmaker, per l’ottimo esito nella trasformazione di una storia epica in piccoli spaccati di esistenze, deve farsi un plauso anche alle interpretazioni, tutte intense: da Ryan Goslin – lo splendido protagonista che si consegna del tutto all’avventura spaziale-anche per trovare il senso della vita – che si apre per lui in un dolorosissimo momento segnato dalla morte della piccola e adorata figlia – a Claire Foy – la moglie combattiva, che giustamente teme eventi catastrofici che la priverebbero del consorte e lascerebbero i due figli senza un padre – a Jason Clarke, Pablo Schreiber,Ciaran Hinds – i colleghi piloti e astronauti che lo affiancano nella preparazione della missione, che li coinvolge totalmente, con i durissimi allenamenti e i pericolo connessi ad una tecnologia che solo passo dopo passo, attraverso i vari programmi “Gemini” in progressione, si riesce a perfezionare, con le loro mogli, ormai rassegnate a vivere costantemente sotto l’incubo di una tragedia. E quando finalmente il 20 luglio 1969 Apollo 11 può viaggiare verso la luna, ancora la regia sceglie di operare per sottrazione, non mostra gli infiniti spazi stellari, ma ciò che si compie entro la navicella, in quegli interni davvero ridotti. Anche la politica, se si eccettuano pochi sbrigativi riferimenti alla morte dei Kennedy e alle ferite della guerra in Vietnam, rimane quale sfondo sfocato, e le scene claustrofobiche di interni, la vita quotidiana del gruppo di partecipanti alla missione sempre segnata dall’ambizioso obiettivo, costituiscono il focus dell’opera filmica. L’appropriata fotografia di Linus Sandgren, il montaggio perfetto di Tom Cross e le musiche sempre ben armonizzate di Justin Hurwitz, completano degnamente un lungometraggio davvero riuscito, ove gli obiettivi americani – con la NASA in pole position, sempre in competizione, per cercare una rivalsa, con la missione spaziale russa – rimangono quasi in ombra e in sordina e sono invece mostrate le dinamiche familiari e ancor più quelle personali degli eroi coinvolti nella grande storia. In programmazione c/o il Multisala Apollo, l’opera filmica, con destinazione luna, ci fa davvero raggiungere l’ossessione personale e collettiva della argentea casta diva.