cronaca

Narcotraffico da Africo a Messina, da rifare il processo Scipione

MESSINA – Torna a Messina il processo dell’operazione Scipione, la maxi inchiesta dei Carabinieri sul traffico di droga tra Messina e la Calabria, dove i fornitori erano in particolare il potente clan dei Morabito di Africo. La IV sezione della Corte di Cassazione ha annullato le condanne di secondo grado per Angelo Albarino, Stellario Brigandì, Fortunato Calabrò, Santo Chiara, Stefano Marchese, Giuseppe Selvaggio e Giovanni Bonnanno. Verdetto cassato anche per i calabresi Giovanni Morabito e i fratelli Salvatore e Costantino Favasuli.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza con rinvio alla stessa Corte d’Appello di Messina. Per tutti loro cioè il processo di secondo grado è da rifare, in particolare i giudici sono stati chiamati a riconsiderare l’applicazione delle attenuanti generiche e, per qualcuno degli imputati, l’effettiva appartenenza all’associazione mafiosa. I ricorsi accolti sono stati discussi davanti la Suprema Corte agli avvocati Salvatore Silvestro, Carlo Autru Ryolo, Antonello Scordo, Fabio Schembri del Foro di Milano e Antonio Di Cicco per i collaboratori di giustizia.

L’operazione dei Carabinieri svelò ha messo un intenso traffico di droga con gli uomini di Giovanni Morabito detto “Ringo”, nipote di U Tiradrittu e tristemente famoso in città per aver sparato in volto alla sorella, nel 2006 rea soltanto di aver una relazione con un impiegato di Questura a Messina ed essere diventata madre.

Più di uno i referenti dei calabresi, tra i quali Giuseppe Selvaggio, che poi si pente e conferma tutto agli investigatori. I carabinieri del Reparto Operativo sapevano già tutto: avevano piazzato delle preziose cimici e telecamere fuori dalla sua abitazione di Santa Lucia sopra Contesse, filmando le consegne dei calabresi.

Molto intenso il traffico, dalla consegna e lo spaccio, anche in una centralissima panineria di via Cesare Battisti, vicino l’Università.